Mercoledì 12 Luglio 2000 Con le migrazioni il mondo non migliora di ANTONIO GOLINI ma. Il fatto è che, come affermò giustamente qualche anno fa il presidente francese Mitterrand e al contrario di quanto pensino alcuni filantropi, le «migrazioni non possono risolvere le miserie del mondo». I nodi e i gravissimi problemi del sottosviluppo vanno sciolti con altri strumenti. Eppure le migrazioni sono utili, e anzi necessarie, sia per i paesi di origine, sia per i paesi di destinazione. Sarà certo questa una delle conclusioni dell’importantissimo Convegno internazionale, organizzato dall’Agenzia per il Giubileo dello Stato italiano, che si apre oggi a Roma alla presenza del presidente Ciampi e che raccoglie le più importanti personalità politiche e scientifiche che si occupano di migrazioni. Davvero un evento di straordinario rilievo. Credo che si troverà l’accordo sul fatto che da un lato l’Unione europea nel suo complesso e l’Italia in particolare avranno gran bisogno nei decenni a venire degli immigrati anche per colmare, almeno in parte, i vuoti creati da una forte e prolungata denatalità e che dall’altro i paesi della Ue agli occhi di africani e asiatici rappresentino quello che nel secolo scorso rappresentava l’America per decine di milioni di emigrati europei, con gli italiani in testa. Ma i paesi europei non sono nelle condizioni di accettare milioni di immigrati. Il vero e difficile problema è quindi quello di come gestire la conveniente e inevitabile immigrazione, garantendo il perseguimento contemporaneo di alcuni obbiettivi: 1) soddisfare le esigenze del mercato del lavoro nei paesi europei (e in particolare in alcune zone, come il Nord-Est italiano, che hanno assoluto bisogno di manodopera), per esempio attraverso un monitoraggio continuo e una azione tempestiva e congiunta da parte di imprese, sindacati, governi locali e governo nazionale, organizzazioni non governative. Diverso dovrebbe essere il caso di quote riservate a professionisti di elevata e particolare qualificazione (per esempio infermiere e informatici) cui dedicare un canale preferenziale di immigrazione, come è da sempre negli Stati Uniti; 2) soddisfare le esigenze della integrazione degli immigrati. Dappertutto si vuole perseguire un migliore processo di integrazione/inserimento/coesistenza degli immigrati. In un paese di antica e massiccia immigrazione come la Germania, ma sempre molto chiuso ai nuovi arrivati, recentemente un discorso pubblico del presidente federale Rau ha segnato un profondo punto di svolta politica, sottolineando la convenienza, anche economica, della Germania ad avere immigrati e l’esigenza assoluta di avere con loro un rapporto più pieno e profondo, anche sotto il profilo culturale e sociale; in un paese di nuova immigrazione, come l’Italia, si cercano e si propongono strade come “l’integrazione come integrità della persona e buona vita" e “l’integrazione come interazione positiva e pacifica convivenza". E questo anche per tenere conto che con la crescente mobilità internazionale molte persone ora appartengono a più di una società mentre, paradossalmente, rischiano di restare del tutto privi di diritti e di doveri: nei paesi di origine perché non vi abitano più e nei paesi di residenza dove non vengono loro concessi i diritti e rivendicati i doveri; 3) soddisfare le esigenze umanitarie legate all’accoglimento di profughi e richiedenti asilo. Nell’Unione europea diventa necessaria la gestione armonizzata delle domande di asilo, anche per evitare che i richiedenti asilo si ritrovino a girare nei vari paesi d’Europa nella speranza di trovarne qualcuno che accolga la richiesta; 4) contrastare il traffico illegale di immigrati. Non ci si può fermare alla sola, e pur necessaria, azione di contenimento attraverso il controllo delle frontiere - frontiere lunghe migliaia e migliaia di chilometri e particolarmente vulnerabili, per la cui sorveglianza l’Unione europea deve produrre uno sforzo congiunto -, controllo che non può avere piena efficacia se in vista della costa i trafficanti decidono di buttare a mare i trasportati o se, come nel caso di Dover, sigillano in un camion frigorifero 58 persone. Bisogna fare una politica concordata di accordi, multilaterali e bilaterali, con i paesi di origine e di transito per convincerli a controllare l’emigrazione e a prevenire quella clandestina. Importanti e difficili sono quindi i problemi e le sfide per l’Unione europea e per i singoli paesi, a partire dal nostro, uno dei più esposti alle ondate migratorie e, per certi versi, uno dei più bisognosi di manodopera. Problemi e sfide che nel Convegno si spera trovino indicazioni utili sotto il profilo politico e sotto quello operativo.