sabato , 13 aprile 2002
IMMIGRAZIONE


IMMIGRAZIONE E LIBERAZIONE

Passerini Walter

E' probabile che saranno le donne a salvare il mondo. Ed è probabile che saranno le donne immigrate ad aiutarci ad affrontare la «bomba extracomunitari» in termini meno emotivi e più pacati. Secondo i dati presentati a Milano dall' Osservatorio regio nale per l' integrazione e la multietnicità, promosso da Regione e Fondazione Ismu, le donne emergono come leva per sollevare il velo a una questione vissuta dall' opinione pubblica più come problema che come opportunità. Si sa infatti che mentre le imprese, anche milanesi e lombarde, chiedono immigrati, la società è più prudente. Ma alla domanda delle imprese, nelle nostre realtà si affianca una domanda delle famiglie. Tanto che nelle attività di assistenza e di cura le protagoniste sono, appun to, le donne immigrate. Su 435 mila immigrati stimati in Lombardia dall' Osservatorio, il 43% sono donne, comprese tra 175 e 185 mila unità. Una percentuale molto alta, una massa critica che può indicare possibili vie di risoluzione e di gestione. In tanto, si tratta di donne più istruite degli uomini: il 52% possiede un titolo superiore o universitario; il 38,6% ha la maturità (contro il 37% dei maschi), il 13,3% ha una laurea (il 12% dei maschi). Le donne sono anche più integrate dei maschi imm igrati. Hanno una maggiore stabilità residenziale (sono iscritte all' anagrafe per l' 80% dei casi) e sono più regolari: le donne senza permesso di soggiorno risultano meno del 15%, mentre tra gli uomini uno su quattro è irregolare. Le donne vengono in Lombardia per ricongiungersi con il marito (una su due), mentre gli uomini vengono per trovare lavoro (tre su quattro). Tra i maschi immigrati la professione prevalente è quella di operaio generico (uno su cinque), mentre tra le donne è quella di domestica (una su quattro). Una donna su tre vive in famiglie con figli (contro un uomo su sette), mentre la quota delle donne che vivono con marito o partner è quattro volte più alta di quella degli uomini. Insomma, le donne possono avere un ruolo p ositivo in un' integrazione matura e tranquilla, più degli uomini. Ad alcune condizioni. Che cessino le segregazioni professionali alle quali sono spesso costrette. Ci sono rischi di «etnicizzazione» al femminile in diverse professioni. Non è un caso che a Milano e dintorni per parlare della colf si dica «la filippina», mentre le peruviane e le latino-americane sono dedicate sia al lavoro domestico sia alle attività di assistenza (le badanti). Nelle imprese di pulizia decisamente forte è la pres enza delle nazionalità dell' America Latina. Il problema è che donne spesso con alto titolo di studio sono proprio quelle che svolgono i mestieri che gli italiani (e le italiane) non vogliono più fare. La seconda questione si chiama casa: un immigrat o su cinque vive in condizioni di estrema precarietà. Mentre un ruolo altrettanto positivo può essere svolto dai figli: non solo i figli degli immigrati, regolari s' intende, contribuiscono ad alzare il tasso di natalità del nostro Paese, ma le secon de generazioni, a partire dalla convivenza scolastica, possono contribuire a sdrammatizzare toni emotivi e a praticare in concreto un' integrazione possibile e proficua per tutti.

Arretrati