N°90 del 14 dicembre 2002

 
 

NASCERE IN UN PAESE DISAGIATO O OPPRESSORE
ESCLUDE FORSE DAI DIRITTI UMANI?
Intervento di mons. Stephen Fumio Hamao

Il fenomeno delle migrazioni negli ultimi decenni si è drammaticamente dilatato. Oggi vi sono sempre più persone che si spostano da un Paese all'altro, da un continente all'altro.
Oltre 190 milioni di individui vivono attualmente lontano dallo Stato in cui sono nati. Si calcola infatti che i migranti internazionali, per motivi economici, siano approssimativamente 175 milioni. Ad essi si devono poi aggiungere circa 16 milioni di rifugiati sotto il mandato del corrispondente Alto Commissariato delle Nazioni Unite (Unhcr) e dell'Agenzia delle Nazioni Unite di Soccorso e Lavoro per i rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (Unrwa). Anche il numero delle persone costrette a lasciare le proprie case e zone di residenza, senza però varcare i confini nazionali - sono i cosiddetti "sfollati" -, è gradualmente cresciuto, cosicché la cifra di profughi all'interno del proprio Paese si aggirerebbe intorno ai 50 milioni. La metà di loro si trova di per sé in una situazione simile a quella dei rifugiati, e a tale status avrebbe diritto se varcasse il confine. Gli altri 25 milioni di sfollati si trovano invece in tale situazione a causa di disastri naturali. Le cifre che abbiamo fornito non comprendono, naturalmente, i milioni di migranti interni: coloro, cioè, che si spostano in zone del loro Stato, diverse da quelle originarie, alla ricerca di sicurezza e sostentamento per la propria famiglia.
Tra le migrazioni bisogna dunque fare una importante distinzione che separa le volontarie dalle forzate. La migrazione volontaria è collegata infatti all'offerta di lavoro e alla richiesta di lavoratori; quella forzata, invece, è originata dai conflitti, dalle violazioni dei diritti umani, dall'oppressione politica, o religiosa o di genere. Sebbene questa distinzione abbia una sua indubbia validità, essa risulta, spesso, difficilmente identificabile. Infatti la libera scelta non è sovente l'elemento principale che spinge una persona a trasferirsi in un altro Paese. Oltre i summenzionati conflitti, oppressioni e abusi di potere, esistono purtroppo altri elementi che lasciano ben poco margine alla libera scelta tra il sopportare o il fuggire condizioni di vita divenute insostenibili; mi riferisco alla povertà estrema, all'economia disastrosa, al degrado ambientale, agli squilibri demografici, alla mancanza di sistemi minimi di sicurezza, di sanità e di servizi nei momenti di crisi, o anche all'assoluta mancanza di partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche.
Presentiamo ora alcuni cambiamenti di rilievo nel campo delle migrazioni, rispetto al passato.

1. Penso anzitutto all'entrata numerosa di donne in questo movimento.
Inizialmente erano infatti soprattutto gli uomini coloro che lasciavano la propria casa, la terra degli avi, per recarsi a lavorare in un altro Paese. In tempi più recenti, invece, i movimenti migratori sono sempre più marcati dalla presenza delle donne. Esse pure partono per procurarsi un reddito e non più soltanto per accompagnare i propri familiari.
2. Un altro elemento caratteristico sono i legami tra i migranti di oggi.
Sebbene le migrazioni comportino, cioè, un drastico cambiamento di vita, a causa dell'allontanamento dal Paese di origine, molti migranti tendono a mantenere con esso maggiori contatti, anche grazie ai viaggi e ai mezzi di comunicazione più agevoli.
3. Vi sono altresì i cambiamenti climatici che diventano fattore di migrazione.
A questo proposito, nei prossimi anni essi dovrebbero contribuire ad una grande crescita del movimento di popolazioni. Alcuni ritengono di fatto che entro 25 anni, forse decine di milioni di persone saranno costrette ad emigrare a causa della desertificazione, o dell'innalzamento del livello dei mari.
4. Non mancano inoltre i nuovi problemi politici, come fattore di migrazione.
Anche il clima politico odierno, cioè, è cambiato, - lo sappiamo - purtroppo a svantaggio dei migranti e dei rifugiati. Dopo l'11 settembre 2001, dilaga la paura del terrorismo, cosicché Governi e partiti politici stanno emanando leggi sempre più severe per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza; si esercitano così più severi controlli rendendo più restrittive le stesse norme sull'asilo, un istituto di grande tradizione nella legislazione internazionale. In molti, poi, l'immigrazione è spesso collegata all'idea della crescita della criminalità. Ne consegue che l'atteggiamento generale verso le persone di diversa cultura e religione, che vivono vicino a noi, è divenuto più ostile, perfino xenofobo, quando non razzista. A ciò occorre aggiungere la mancanza di conoscenza dell'altro, del forestiero, il pregiudizio e le manipolazione politiche, che causano inutili sofferenze agli stranieri presenti tra noi. E già essi ne hanno abbastanza.
5. V'è infine, in questa nostra lista provvisoria, la necessità d'immigrazione, in alcune regioni, anche perché la popolazione di molti Paesi sta invecchiando e questo dato di fatto richiederà certo nuove politiche migratorie ed economiche. L'impatto che tutto ciò produrrà interesserà altresì l'etica internazionale.

Infatti, quando riportiamo cifre e stabiliamo classificazioni fra le persone coinvolte nel fenomeno delle migrazioni, dobbiamo ricordare che stiamo parlando di "esseri umani", ognuno dei quali ha un volto, una storia, persone amate e che amano, ha incombenze, gioie e dolori. Ognuno di loro è un individuo con diritti e doveri, con esigenze, aspirazioni, qualità, fragilità, identiche alle nostre. E qui entra l'etica personale ed internazionale, appunto. La sostanziale differenza con noi, però, è che la loro vita è stata drammaticamente segnata dal loro luogo di nascita. Tutti, dunque, soprattutto se ci professiamo Cristiani, dobbiamo comprendere, e aiutare a far capire, che nascere in un Paese disagiato o in uno Stato oppressivo non dovrebbe compromettere, per sempre, diritti, doveri, opportunità e - soprattutto - dignità, sia che si parli di un cittadino, di un migrante, oppure di un rifugiato, i cui documenti siano regolari o no.