Le Regioni avranno le loro "quote"
Il governo assicura la "partecipazione" degli enti locali alle decisioni sui flussi migratori
da "Il Manifesto" del 11 Agosto 2000

Prima Galan, presidente della Regione Veneto, poi Formigoni per la Lombardia, ciascuno a modo suo. Nelle scorse settimane le regioni più ricche d'Europa avevano chiesto a un governo italiano scopertosi improvvisamente buonista di decentralizzare le decisioni sui flussi migratori annuali. "Siamo noi - avevano detto - a dover decidere di quali e quanti immigrati abbiamo bisogno". Ora il governo risponde e annuncia che anche Regioni, Provincie e Comuni parteciperanno alla definiazione delle quote annuali. Il loro sarà un "parere preventivo". "Si raggiunge così - suggerisce una nota di Palazzo Chigi - il pieno coinvolgimento delle Regioni e degli Enti locali, ma anche delle parti sociali e degli operatori di settore". La decisione è contenuta nel documento istitutivo di un Comitato la cui nascita - via decreto - risale allo scorso 2 agosto. Si tratta del "Comitato di coordinamento per l'immigrazione" ed è presieduto dallo stesso presidente del consiglio, Giuliano Amato. Del comitato fanno parte i responsabili dei dicasteri già attualmente coinvolti "nelle politiche di contrasto all'immigrazione clandestina", da un lato, e "nelle politiche di accoglienza e integrazione sociale" dall'altro. E cioé i ministeri degli interni, degli esteri, del tesoro, della sanità, dell'industria, della giustizia, della pubblica istruzione, dell'università, degli affari regionali e ovviamente della solidarietà sociale. Dovendo scegliere per uno o l'altro fronte, Amato ha messo a presidere lo staff di esperti che supporterà il Comitato un uomo del viminale, il sottosegretario agli interni Giannicola Sinisi. Per quanto riguarda i "pareri preventivi" questi verranno (teoricamente) chiesti tanto agli enti locali quanto a tutti i soggetti che già la legge attuale prevede nella procedura istruttoria al documento di programmazione triennale dei flussi, e cioé alle parti sociali e alle associazioni che si occupano del fenomeno e che sono in qualche modo riconosciute come interlocutori validi dal governo. Ancora difficile dire quanto questa mossa sia tutta politica - ossia interna agli equilibrismi del palazzo - oppure quanto possa preludere a un nuovo e più serio modo di approcciare il fenomeno. Stando a quanto racconta la nota di palazzo Chigi diffusa ieri, l'obiettivo dovrebbe essere quello di un maggiore coinvolgimento di tutte le parti più o meno istituzionali interessate: "Il pieno coinvolgimento delle Regioni, degli Enti locali e delle parti sociali - precisa il governo - non viene previsto solo nel disegno delle strategie di medio periodo, che vengono tracciate nel documento di programmazione triennale, ma anche nella attuazione in concreto degli obiettivi previsti da quest'ultimo documento. Le parti, infatti - prosegue la nota di palazzo Chigi - possono contribuire alla determinazione delle quote che di volta in volta potranno essere stabilite nei decreti flussi per ciascuna delle categorie di lavoratori stranieri da ammettere nel nostro Paese in base alle esigenze del mercato del lavoro e della nostra capacità di accoglienza". Il linguaggio - come è del tutto evidente - resta comunque ancorato nel migliore dei casi a una visione tutta quantitaiva di un fenomeno, come quello migratorio, che alcuni sociologi si ostinano invece a definire "fatto sociale totale". Nel migliore dei casi, insomma, sembrano lontani gli anni (i primi '90) delle confusionarie e non limpidissime ma comunque stimolanti "Conferenze nazionali ssull'immigrazione".