Immigrazione, governo verso l’accordo

La mediazione di Fini. Berlusconi: sanatoria per chi lavora, sì al disegno di legge. La protesta dell’opposizione

ROMA - Berlusconi l’aveva detto: «Risolveremo il problema, siamo una famiglia...». E così ieri, grazie alla mediazione del vicepremier Gianfranco Fini, la maggioranza ha scongiurato in extremis il voto di fiducia sull’immigrazione minacciato dalla Lega. E ha trovato un accordo che, salvo sorprese, ricompone la frattura tra centristi e leghisti sulla regolarizzazione degli immigrati che lavorano nelle imprese. Problema reale, ammette Fini, ma che «va affrontato in una sede che non può essere il ddl sull’immigrazione». Slittato a lunedì il voto finale sulla legge della discordia, che il centrosinistra bolla come «ignobile», il «nodo Tabacci» sarà sciolto questa mattina in Consiglio dei ministri. «Troveremo una soluzione politica e normativa» ha assicurato il premier, lasciando intendere che il governo indicherà uno strumento legislativo che superi lo scoglio dell’emendamento all’articolo 29 della legge Bossi-Fini, presentato dal presidente della commissione Attività produttive della Camera Bruno Tabacci (Udc). Emendamento che la maggioranza ha deciso di «accantonare», passando alla discussione del decreto sulle missioni internazionali di pace. Una pausa che preoccupa la Lega: la discussione del decreto potrebbe ritardare ancora la votazione della legge sull’immigrazione.
Sono le 9.30 quando, in un clima di estrema tensione, la Camera riprende i lavori. I verdi, per protesta contro «una legge lepenista e xenofoba», lasciano l’aula e raggiungono il centro di accoglienza per extracomunitari di Ponte Galeria. «Un lager», dirà Paolo Cento nel pomeriggio. All’ora di pranzo, inseguita dal coro «buffoni, buffoni...» che si leva dai banchi della Cdl, l’opposizione abbandona l’aula. Ma la dimostrazione che la maggioranza non ha il numero legale fallisce. Per un voto. La seduta è sospesa e alle 15.30, con i banchi del centrosinistra vuoti, si riparte.
Il caos scoppia nel tardo pomeriggio, quando l’opposizione rientra in Aula. Approvate le assunzioni temporanee per le ambasciate e nuove norme per chi chiede asilo politico, accantonata la questione sulla sorte dei minori nati in Italia, le votazioni si incagliano sull’articolo 17: quello che esclude il rimborso dei contributi Inps per gli immigrati che tornino nel Paese d’origine prima di aver raggiunto i minimi pensionistici.
L’opposizione grida «vergogna», accusa il governo di razzismo, schiavismo, furto e incentivazione del lavoro nero. Volano insulti, e anche qualche gestaccio. Tra gli applausi del centrosinistra, Teodoro Buontempo (An) annuncia il voto favorevole agli emendamenti dell’opposizione. Il presidente Ds Massimo D’Alema avverte che la norma rischia di essere incostituzionale e chiede al governo un approfondimento sul tema. Fini accoglie la richiesta e rinvia la questione al comitato dei nove. In attesa che la commissione Bilancio si pronunci su due nuovi emendamenti, l’esame del ddl sull’immigrazione viene sospeso su richiesta formale del capogruppo dell’Udc, Luca Volontè. Il capogruppo azzurro, Elio Vito, bacchetta gli alleati: «Non possiamo permettere che ancora qualcuno si smarchi...». Entro martedì, come deciso dalla conferenza dei capigruppo, il voto finale. Anche se prima di entrare in vigore, la legge (che non ha ancora la necessaria copertura finanziaria) dovrà tornare al Senato.
Monica Guerzoni