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Da La Repubblica del 22 dicembre 2000

UNA SCELTA EUROPEA

di GIOVANNA ZINCONE

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CON il progetto di legge che dovrebbe rendere più facile l'acquisto della cittadinanza italiana, i riflettori si spostano di colpo. Era ora. Finalmente nel nostro Paese si ricomincia a parlare di immigrazione non solo con gli accenni aspri e caldi alla clandestinità, ma anche come fenomeno normale, legale e ordinario, cioé per quello che l' immigrazione in gran parte rappresenta. Finalmente, l'Italia progetta di rimediare all'errore di una revisione, quella del 1992, che costituiva insieme una marcia indietro rispetto alla legge allora esistente e una mossa contro corrente rispetto agli altri paesi dell'Unione. La legge attuale costituisce, infatti, una marcia indietro rispetto a quella del 1912, perché alza il tempo di residenza legale necessario per fare domanda per i non comunitari da 5 a 10 anni. Gli anni restano 5 per i rifugiati, e scendono a 4 per i comunitari e a 3 per gli stranieri di origine italiana. Si è creato così un bel fossato da saltare per i non comunitari. La stessa legge rende più difficile acquistare la cittadinanza per i bambini nati in Italia, pretende infatti che provino una residenza continuativa nel nostro paese fino al compimento del diciottesimo anno di età. In teoria, neanche un periodo di studio nella terra di origine o all'estero sarebbe ammissibile. In compenso la riforma lascia spalancata la porta dei matrimoni di comodo: bastano 6 mesi di matrimonio per chi risieda in Italia. INFATTI il 90 per cento delle naturalizzazioni in Italia avviene per questa via. La legge italiana sulla cittadinanza, in questo come in altri punti, viaggia contro corrente in Europa. Una risoluzione del Consiglio dell'Unione Europea, già nel 1977, invitava a combattere i matrimoni di comodo. Soprattutto dal Consiglio di Tampere in poi, ci viene dall'Unione Europea un costante invito ad allargare i diritti dei non comunitari e a renderli il più possibile simili a quelli dei cittadini dell'Unione. Questo invito è confermato nella comunicazione rivolta il 22 novembre dalla Commissione Europea al Consiglio e al Parlamento. La bozza di progetto del governo ci riporta in Europa. Prevede infatti di alzare l'attesa per le naturalizzazioni in caso di matrimonio a due anni e che il matrimonio persista al momento del decreto. Pensa anche di abbassare il tempo di residenza legale necessario per la naturalizzazione a 7 anni. Tuttavia, il tempo usato più comunemente in Europa è di cinque anni e questa scelta risponderebbe più adeguatamente all'invito di non creare troppe differenze nei diritti tra stranieri comunitari e non. La bozza prevede inoltre di favorire l' acquisto della cittadinanza ai minori prima dell'ingresso nella scuola dell'obbligo, cioè che i genitori regolarmente residenti possano chiedere la cittadinanza per i figli nati in Italia al compimento del quinto anno. Trattandosi di una scelta fatta dai genitori, i minori potrebbero rinunciare al compimento della maggiore età. Forse sarebbe più semplice consentire la richiesta di cittadinanza alla nascita alla nascita del bambino, per i genitori in possesso di una carta di soggiorno. La carta nel nostro paese si ottiene dopo cinque anni di residenza regolare. Sia sulla proposta di ridurre a 5 gli anni di attesa per la naturalizzazione dei residenti regolari, sia sull'acquisizione più facile della cittadinanza per i nati in Italia, il legislatore italiano godrebbe di un ampio consenso nell'opinione pubblica. Da un sondaggio, compiuto dalla Commissione per l'integrazione degli immigrati in collaborazione con l'Ispo, risulta che, se si escludono gli incerti, si ha una netta maggioranza in favore della concessione immediata della cittadinanza ai nati in Italia da genitori in possesso di una carta di soggiorno (72,9%), ed un'altra ampia maggioranza (68,9%) in favore della riduzione dei tempi di attesa a cinque anni per la naturalizzazione. Insomma, se l'Italia introducesse oggi una riforma liberale della cittadinanza, rientrerebbe nella corrente europea e non troverebbe ostacoli nell'opinione pubblica. Solo un spirito poco equanime potrebbe considerare questa riforma come una mossa della sinistra per procurarsi nuovi elettori. Prima di tutto perché il voto degli immigrati cambia, man mano che loro stessi cambiano e man mano che i partiti conservatori si preoccupano di procurarsi quel voto. La comunità italo americana ha votato a lungo piuttosto democratico, ma da molto tempo ormai vota piuttosto repubblicano. Ma quel che conta è decidere, tutti insieme, maggioranza ed opposizione, quale democrazia vogliamo essere. Michael Walzer, il filosofo politico di Princeton, vede tre modelli di comportamento nei confronti dell'immigrazione: il primo è il paese come quartiere (entri chi vuole, ma avrà pochi diritti), il secondo è il paese come famiglia (entrino pochi e comunque i diritti politici o l'accesso alla cittadinanza saranno negati o resi molto difficili a chi non discende dal ceppo nazionale), il terzo è il paese come club, un club al quale si accede con flussi programmati e nel quale, con il tempo, si diventa soci a pieno titolo. Il Belgio ha appena abbassato gli anni di attesa per naturalizzarsi a tre anni, proprio per aggirare il problema del voto ai non comunitari. La scelta del club è prevalsa, se pur faticosamente in Europa, perché è la più saggia. E' tempo che anche l'Italia faccia questa scelta senza tentennamenti, che la facciano tutte le forze politiche responsabili, senza spirito di parte.