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IMMIGRAZIONE: PROPOSTE E IMPEGNI CGIL-CISL-UIL SULLE POLITICHE MIGRATORIE

Il fenomeno migratorio è un fenomeno strutturale e connaturato alla storia dell’uomo e della sua evoluzione non solo giustificato dalle condizioni inumane dalle quali fuggono i migranti, ma un vero e proprio diritto dell’uomo a migrare per cercare condizioni comunque migliori di esistenza per se e per i propri famigliari. La migrazione inoltre è un processo in costante evoluzione che continuerà a giocare un ruolo essenziale nelle società di tutto il mondo, con implicazioni politiche, economiche, sociali e culturali.
Oggi nel mondo – sono dati dell’ONU – 175 milioni di persone risiedono in un Paese differente da quello di nascita, una cifra che è raddoppiata negli ultimi 25 anni. Di questi, quasi un terzo (56 milioni) vivono in Europa: una cifra destinata ad aumentare anche per ragioni demografiche. Secondo recenti dati (sempre di fonte ONU), il differenziale demografico tra Africa ed Europa è di oltre 5 punti percentuali, un gap storicamente tra i più grandi. In termini numerici questo significa che tra il 2000 ed il 2020 sono stati ipotizzati 50 milioni di persone in piú (in etá tra i 20 ed i 40 anni) nell’Africa del Nord e ben 120 milioni in piú nell’Africa Subsahariana.

Anche in Italia il fenomeno comincia ad essere consistente dato che, già oggi, vi è un immigrato ogni 20 persone. D’altro canto il nostro Paese e tutta l’Europa hanno un bisogno vitale di migranti per arginare il declino demografico ed economico altrimenti irreversibile. Quindi le politiche per l’immigrazione rappresentano uno dei capitoli più importanti e strategici per il governo economico sociale della moderna globalizzazione. Occorre rivendicare una diversa politica per l’immigrazione in Italia ed in Europa. Innanzitutto occorre contestare l’approccio al tema che viene sistematicamente affrontato nell’ambito del capitolo sicurezza lotta alla criminalità e terrorismo e quindi con una impostazione proibizionista. Affrontarli distintamente dalle politiche di contrasto alla criminalità ed al terrorismo gioverà ad affrontare meglio tutti e due gli argomenti ed avrà un effetto educativo delle conoscenze e coscienze della opinione pubblica.

Un luogo comune che deve essere assolutamente dimenticato, infatti, è il contrasto all’immigrazione clandestina in quanto l’immigrazione potrebbe definirsi clandestina a fronte di un flusso legale, organizzato e pianificato che invece non esiste. L’immigrato non ha scelta, o è clandestino o rimane al suo paese e siccome sappiamo che è velleitario ogni tentativo di impedire il fenomeno migratorio occorre porsi il problema di come attrezzare percorsi di regolarizzazione.
A questo proposito la scelta dei “ flussi programmati “ prevista dalle legislazioni più avanzate in Europa, prevista in Italia dalla legge Turco-Napolitano si è rivelata , dapprima insufficiente e poi , alla luce delle nuove norme della Bossi-Fini che l’hanno completamente neutralizzata, totalmente fallimentare.
Infatti in Italia nell’ultimo quinquennio attraverso i flussi programmati sono entrate circa 50-60 mila persone e contemporaneamente, nei modi più disparati, sono entrati circa 200 mila immigrati l’anno.
La riprova di ciò l’abbiamo avuta con il provvedimento di regolarizzazione che ha dato luogo ad oltre 700 mila domande e se oggi si riaprissero i termini ce ne sarebbero ancora altre centinaia di migliaia. Lavoratori di cui la nostra economia ha assolutamente bisogno perché sono gli stessi imprenditori che stimano in circa 200 mila il fabbisogno di manodopera straniera, necessaria per i settori manifatturieri, edilizia, agricoltura e servizi.

Qui s’inserisce un gioco delle parti ancora più sottile (ed immorale) tra chi urla che non vuole gli immigrati e chi invece non dice nulla in quanto li vuole clandestini, in nero, completamente ricattabili,s fruttabili e servili, utili anche per minare gli standars minimi previsti dai contratti e dalle leggi per i lavoratori italiani e quindi per tutti i lavoratori (dumping sociale).

A nostro parere, la scelta obbligata da perseguire è quella di un profondo cambiamento dei meccanismi che permettono l’arrivo legale nel nostro Paese di lavoratori stranieri, nel senso di permettere realmente l’incontro tra la domanda ed offerta di lavoro, separando l’obbligo al contratto di lavoro dalla condizione preventiva di possedere un permesso di soggiorno. La cosa sarebbe possibile introducendo un sistema più flessibile di regolarizzazione attraverso l’istituzione di un permesso temporaneo di 6 mesi per ricerca occupazione così come auspicato da un documento del Parlamento Europeo di Strasburgo

Un’ altra scelta chiave è quella della integrazione, inclusione sociale, culturale e civile. Un percorso di diritti e responsabilità esigibili sul territorio con un protagonismo degli Enti Locali nel contesto di legislazione nazionale di sostegno, rispetto a welfare, scuola, formazione,casa, ricongiungimento famigliare, sanità, previdenza. Inoltre il diritto di voto che deve diventare un architrave di questa nuova cittadinanza; infatti finchè gli immigrati non si occuperanno di politica con la partecipazione democratica al voto Amministrativo, la politica non si occuperà di loro.

REGOLARIZZAZIONE e INTEGRAZIONE possono essere strumenti formidabili di governo positivo dell’immigrazione ed anche i più efficaci a prevenire e reprimere soggetti e comportamenti criminali.

Questa analisi e questi principi propositivi sono assolutamente incompatibili con la Bossi – Fini che si caratterizza come un insieme di norme tese ad impedire l’ingresso degli immigrati una sorta di percorso ad ostacoli che raggiunge solo l’obbiettivo di relegare gli stranieri in una clandestinità obbligata e spingerli verso la criminalità ed in balia di trafficanti senza scrupoli.

Le stesse norme sul Contratto di lavoro e soggiorno dei lavoratori stranieri, nel contesto di una sostanziale precarizzazione del mercato del lavoro, realizzano una vera e propria segregazione del mercato del lavoro degli immigrati assolutamente inaccettabile sia per loro che per gli effetti distorcenti che ha sull’insieme dei lavoratori.
A ciò si aggiungono le nostre preoccupazioni sulla gestione della regolarizzazione e delle procedure di subentro di un diverso datore di lavoro, di rinnovo del permesso di soggiorno sulle quali oltre alle carenze normative si somma una mancanza totale di confronto e concertazione da parte del governo ed in particolare del Ministro del Lavoro nei nostri confronti. Preoccupazioni che riguardano la gestione delle espulsioni e dei CPT (Centri di Permanenza Temporanea).
Gli stessi regolamenti della Bossi-Fini, non ancora decretati dal governo, di cui conosciamo delle ipotesi informali e sui quali si mantiene questa pregiudiziale al confronto, rischiano di rendere ancora più complicato e farraginoso il percorso dei lavoratori stranieri nell’accesso alla condizione di “regolare”. Infine per quanto riguarda le norme previdenziali e pensionistiche, il sistema previdenziale a favore degli immigrati deve cogliere le pari opportunità con gli italiani. Anche nel contesto europeo, in questo semestre di presidenza italiana, si rischia di ridurre il tema dell’immigrazione soltanto all’aspetto della sicurezza e del controllo delle frontiere esterne e del Mediterraneo.

Occorre invece che l’Europa faccia delle scelte importanti sul versante dei diritti e dell’integrazione. A questo proposito riteniamo che sia importante - da parte dell’Europa e dei suoi stati membri - la ratifica della Convenzione ONU sui diritti dei Lavoratori Migranti e delle loro famiglie del 18.12.1990 entrata in vigore a luglio di quest’anno. Inoltre richiamo l’attenzione su di alcune altre priorità:

  • Una normativa europea sul diritto di asilo;
  • Inserire nella Carta Costituzionale Europea un principio di cittadinanza di residenza per tutti i cittadini residenti stabilmente nell’unione che non abbiano la cittadinanza di nazionalità;
  • Tutela della famiglia: diritto all’unità famigliare dei genitori, dei coniugi, dei figli e dei parenti fino al 3° grado.

Su queste proposte CGIL-CISL-UIL aprono una campagna di discussione nei luoghi di lavoro e nelle categorie con tutti i lavoratori italiani e stranieri, aprono un confronto con tutti i soggetti della società civile per rivendicare un riesame generale della Bossi-Fini , alcune correzioni della stessa Turco-Napolitano ed una più aperta normativa europea. Questo percorso dovrà essere sostenuto da iniziative di mobilitazione e di iniziative di massa dei lavoratori e cittadini migranti e italiani.