In viaggio con i sans papier
"Non siamo più fantasmi"

Da Brescia a Roma sul pullman di una delegazione del movimento di immigrati senza permesso
dal nostro inviato JENNER MELETTI
da "La Repubblica" del 8 giugno 2000

BRESCIA - L'unica luce è quella dei lampi, sul crinale dell'Appennino. Dia Mbaye si è svegliato per i tuoni, e per la grandine che picchia sulla lamiera del pullman. "Vede, noi 'sans papier' non chiediamo troppo. Vorremmo potere dormire di notte, essere svegliati solo dal temporale. Non da qualcuno che bussa alla porta, e pensi subito: è la polizia, sono venuto a prendermi per mandarmi via". In viaggio con i fantasmi, da Brescia alla Capitale. Dia Mbaye dice che questo è uno dei due viaggi più importanti della sua vita. "Il primo è stato tanti anni fa, quando sono andato via dal Senegal. Non ero solo io, a partire. Ognuno di noi porta sulle spalle le speranze di tutta la sua famiglia, ed il peso a volte è insostenibile. Oggi vado a Roma a dire che ci sono anch' io, a mostrare la mia faccia. Gli altri sono come me. Senza un documento, non hai il diritto di esistere".
I fantasmi di Brescia riempiono un pullman. Altre centinaia di fantasmi restano in piazza della Loggia, quella della strage. Stanno stesi su materassini di gommapiuma, e sono lì da venti giorni e venti notti. "Permesso per tutti", hanno scritto su uno striscione. Quasi tutti vestiti di bianco, il colore dei pakistani. L'altro giorno uno ha tentato di darsi fuoco, è stato fermato da un poliziotto. Altri si sono messi una benda nera sugli occhi, ed hanno mimato il suicidio per impiccagione. "Senza soggiorno, meglio morire". Qualcuno si arrabbia, ai tavoli del ristorante lì vicino. "Ancora qui? Ma non dovevano farli spostare?". Nessuna protesta, invece, per il ragazzo indiano che esce dal retro del ristorante e va a buttare i sacchi dei rifiuti.
C'è qualcosa di nuovo, nell' aria di Brescia. Gli uomini e le donne senza faccia hanno deciso di avere un volto. Hanno deciso di esistere non solo per il datore di lavoro che li tiene in fonderia per dieci ore al giorno, cinquemila lire all'ora; o per il proprietario delle stalle che alle quattro del mattino li vuole nella buca della mungitura. Uno alla volta, in questi ultimi mesi, sono andati in questura a chiedere se c'era qualche novità, per il loro permesso di soggiorno. "Quattordicimila e 146 domande presentate, 8.198 accolte". Hanno fatto presto a fare i conti: 5.948 domande "rigettate", perchè non complete, o con documenti falsi.
"Per - messo per tut - ti", scandiscono indiani, pakistani, senegalesi e cingalesi. Sarà lunga, la notte, e senza sonno. "Certo, tanti di noi - dice Roy Ganga, dello Sri Lanka - hanno pagato per avere documenti falsi. E cosa potevano fare? Se lavori in nero, non puoi dimostrare nulla. Se chiedi di essere messo in regola, il padrone si mette a ridere e chiama un altro. E poi, la sanatoria è stata un affare per tanti. Per avere il soggiorno, bisognava dimostrare di avere una casa, una residenza ed un lavoro. Le mafie italiane e straniere - la mafia non ha certo confini - si sono messe al lavoro. C'è chi ha dichiarato che l'amico abitava sotto il suo tetto, e si è fatto pagare. C'è chi invece - e questo è stato il vero affare - d'accordo con un italiano ha inventato un'impresa, che ha preparato cento dichiarazioni di assunzione. Due milioni per ogni foglio di carta. Non è stato certo difficile, per l'ufficio stranieri, scoprire l'inganno, ed a pagare sono gli immigrati".
Hanno detto basta, i fantasmi di Brescia. "Non siamo spacciatori - racconta Hamid, arrivato dall' India - non siamo delinquenti. E allora non dobbiamo avere paura. Il padrone della stalla dice che noi siamo i più bravi, perchè rispettiamo gli animali. Stiamo con la vacca che deve partorire una notte intera, diamo il biberon al vitellino. I padroni sanno che noi rifiutiamo soltanto di accompagnare le vacche al macello. Certo, quando ci hanno visto in piazza, i cittadini di Brescia si sono meravigliati. Noi dovremmo lavorare, e sparire. Ma questa terra, ormai, ha bisogno di noi. Lo ha detto anche il nostro vescovo: 'Non siete qui certo per capriccio'".
Corre il pullman nella notte. Si va a Roma con una proposta: un "permesso di soggiorno provvisorio" per un anno, per potere uscire alla luce del sole e mettersi in regola con il lavoro. Altrimenti - dicono i sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil che hanno organizzato il viaggio - il serpente si morde la coda. Hamid non può dire dove lavora perchè non è in regola, il padrone non lo mette in regola perchè non ha i documenti. "In tanti casi, basterebbe un permesso di pochi giorni". Al check point del Giubileo, sull'Aurelia, senegalesi e pakistani mettono i vestiti tradizionali. Una buona notizia, via cellulare. "Il governo ha deciso una cosa di sinistra". Arrivano un furgone e due macchine della polizia, per scortare il pullman e farlo filare liscio fra i divieti e ingorghi. Ogni tanto accendono anche la sirena. "Una scorta per noi clandestini diretti al Viminale. È bellissimo".
Peinda Kebe, senegalese, ha indossato un abito color fuoco. È lei che spiega ai partiti del centro sinistra (quelli del Polo non hanno accettato incontri) e poi al ministero, cosa significhi vivere senza il "permesso". "Il muratore va a costruire case, ed ha paura di essere trovato con il metro o la cazzuola. L'uomo che esce dalla fonderia si toglie subito la tuta, per non essere riconosciuto. Insomma, dobbiamo vergognarci della nostra voglia di fare. Loro, quelli che ci fanno vivere così, sanno benissimo che noi siamo i nuovi schiavi. Non possiamo continuare così, non è vita".
In una stanza del Viminale, solo tre immigrati, i sindacalisti ed il sottosegretario Aniello Di Nardo. "La legge va rispettata, ma il governo valuterà al più presto la vostra proposta. Non tutti gli immigrati sono come voi. Tanti clandestini portano delinquenza, droga e prostituzione. Certo, voi siete diversi...".
Peinda Kebe, alla fine, è contenta. "L'uomo del governo ha detto che si deve pensare soprattutto alla sicurezza degli italiani. Io ho spiegato che è meglio pensare alla sicurezza di tutti coloro che vivono in Italia. Ha detto che era d'accordo con me". Aspettano notizie, in piazza della Loggia. Altri giorni e notti di digiuno e di attesa. Cinquantamila stranieri che lavorano, e fra questi 5.948 che non hanno ancora nessun diritto. Ma i fantasmi, adesso, hanno trovato il coraggio di portare i loro volti in piazza.