Squilli di rivolta, nascono i sans papier all'italiana
Da Roma a Torino, da Brescia a Firenze così gli immigrati organizzano la resistenza per non essere espulsi
diMASSIMO LUGLI - ROMA -
Da "La Repubblica" del 03 giugno 2000

Manganellate, cariche e una breve sassaiola durante il corteo degli immigrati. Stranieri contro poliziotti, per la prima volta a Roma, in un breve ma violento flash di guerriglia urbana. Gli extracomunitari (che protestano da due settimane con presidi fissi e uno sciopero della fame ormai all'ottavo giorno) sono poi arrivati alla spicciolata in Vaticano, dove ieri il Papa ha celebrato la giornata dei migranti. E tra la capitale, Brescia, Torino, Firenze e Napoli, si sta materializzando il primo nucleo del movimento italiano dei sans papiers: la lotta dei disperati, gli esclusi dalla sanatoria che temono il foglio di via e il rimpatrio forzato. Sono dimostrazioni ancora isolate ma che si stanno velocemente condensando in un unico filone: sempre ieri nel capoluogo toscano c'è stata un'assemblea dei venditori senegalesi e, a Napoli, un altro corteo. Questa mattina, nuovo appuntamento per una manifestazione a Torino e, il 9 giugno, ancora a Firenze. Mentre ieri mattina una delegazione entrava negli imponenti saloni del Vaticano per incontrare i monsignori Scotti e Duthel, della segreteria di Stato, il vescovo di Brescia, Giulio Sanguineti, ha ricevuto un gruppo di stranieri che, giorni fa, erano stati sgomberati con la forza da piazza della Loggia. E il ricordo della notte di guerriglia del 31 maggio, a Torino fa temere, dopo gli scontri romani, una escalation di violenza di piazza. "Il nostro obiettivo è semplice: sanatoria per tutti. Chi si trova in Italia deve uscire dall'illegalità", spiega Antonella Pelillo, presidente dell'"Associazione tre febbraio" (la data di una grande dimostrazione di immigrati durante il governo Dini). Più moderata la posizione di Dino Frisullo, di "Senza Confine": "Sanatoria solo per i 100 mila che hanno presentato la domanda ma che rischiano di restare fuori. Chiedere un beneficio così esteso, adesso, è controproducente". E' di quattro immigrati e sei agenti contusi, intanto, il bilancio dei tafferugli di ieri mattina a Roma. Gli stranieri, circa duemila persone sono partiti verso le 9 da piazza Esedra diretti in piazza di Porta Capena. Un gruppo eterogeneo composto, in maggioranza, da immigrati del Bangladesh (una delle comunità più numerose e organizzate) ma anche indiani, pakistani, senegalesi e nordafricani. Nel corteo anche la madre di Murad, 17 anni, il ragazzo marocchino ucciso il 4 maggio scorso dalla polizia, durante un inseguimento. Tamburi, canzoni e slogan con un tema ricorrente: "Permesso di soggiorno, libertà". Il servizio d'ordine era abbastanza ridotto e "rilassato" visto che in questi giorni gli stranieri sono una presenza fissa davanti ai palazzi del potere, dal Senato alla Camera, e non hanno mai creato problemi, a parte una violenta contestazione verbale a Maurizio Gasparri (An) con urla di "fascista, razzista". All'altezza del Colosseo, verso le 10.30, il gruppo ha cercato di imboccare via dei Fori Imperiali. In quel momento, però, in piazza Venezia il presidente della Repubblica Ciampi stava deponendo una corona davanti all'Altare della Patria, in occasione della festa della Repubblica e gli agenti hanno fatto cordone. Alcuni dimostranti hanno lanciato lattine e bottiglie contro i poliziotti, che hanno reagito con manganellate, cariche e qualche lacrimogeno. Poi il corteo è defluito verso il circo Massimo dove, però, ci sono stati altri brevi scontri e altre cariche. Alcune auto in sosta sono rimaste danneggiate. Momenti di tensione e di rabbia che adesso sia l'associazione "Tre febbraio" che la questura tendono a minimizzare. La manifestazione si è sciolta ma un gruppo di circa 200 persone, guidate da un furgone bianco con gli altoparlanti e gli striscioni in testa, è arrivato in piazza San Pietro dove gli stranieri, sotto un sole implacabile, hanno steso a terra i loro teli di plastica e distribuito volantini ai turisti. "I veri pellegrini del mondo siamo noi" si leggeva su un cartello giallo. Tra i volti scavati da otto giorni di digiuno (bevono solo acqua e succhi di frutta) tante storie, tutte uguali, di disperazione. "Sono arrivato in Italia nel '97 e ho presentato la richiesta per entrare nella sanatoria l'8 febbraio scorso - racconta Alì, un ragazzo bengalese dagli occhi febbrili - Ogni volta che vado in questura mi dicono di tornare ma ormai so che i permessi sono esauriti". "Io vendo collanine in strada - aggiunge Ahamed Sohel, 24 anni - a volte guadagno 10 mila lire al giorno. Ma se i vigili urbani mi sequestrano la merce, scatta una multa di 10 milioni". Un terzo pakistano, Saleh, è rimasto invalido dopo un incidente: "Rischio di tornare in patria senza lavoro e con una gamba menomata. Ci chiedono i certificati medici come prova della presenza in Italia ma quando sei clandestino in ospedale non ci vai: hai troppa paura del foglio di via".