LE MONDE diplomatique - Aprile 2003



 

 

 

Viaggio nel paese degli uomini invisibili
L'Europa organizza la clandestinità


Malgrado numerose proteste, il ministro degli interni francese Nicolas Sarkozy non demorde e intende portare avanti la pratica dei «voli di gruppo» - nuova versione dei «charter» di Charles Pasqua - di immigrati irregolari. In tutti i paesi dell'Unione europea, i clandestini vengono repressi sempre più duramente attraverso nuove leggi. I poteri pubblici rimangono invece silenziosi quando il vergognoso sfruttamento di questi lavoratori stranieri permette a un buon numero di datori di lavoro di abbattere i costi salariali.

Nicholas Bell
La produzione intensiva di frutta e verdura figura tra i settori meno regolamentati della politica agricola comune (Pac) e quindi uno dei più sottoposti al liberismo selvaggio. «Il datore di lavoro deve aver costantemente a portata di mano una quantità di manodopera che consenta di portare a termine la raccolta, qualunque siano le circostanze climatiche o economiche», scrive Jean-Pierre Berlan, ricercatore all'Istituto nazionale della ricerca agronomica (Inra). «C'è quindi bisogno di un esercito di riserva di operai agricoli, che viene fornito dalla manodopera immigrata clandestina. Esiste una vera e propria articolazione, una complementarità tra immigrazione clandestina e immigrazione ufficiale» (1). L'autore fa qui riferimento al «modello californiano» in funzione dal XIX secolo, ma questa constatazione è valida anche per l'Europa attuale. Con una piccola differenza: ormai, bisogna parlare più in generale di «lavoro non dichiarato», realizzato sia dai cittadini del paese che dagli immigrati.
Uno dei pochi studi europei realizzati sul campo in sei paesi da sindacalisti lo conferma: «le informazioni convergono nel descrivere pratiche al nero o grigie, a livello locale, eterogenee, che tendono a svilupparsi, a intensificarsi, a estendersi. Si va dall'aumento degli straordinari non dichiarati dei dipendenti stabili fino allo sviluppo di forme illegali, a volte perfino schiaviste, di reclutamento della manodopera agricola, passando per le forme più atipiche e flessibili del lavoro occasionale» (2).
A questo quadro va aggiunto il ruolo decisivo svolto dalle grandi catene di distribuzione, che esercitano una pressione infernale sui produttori. Questi ultimi lavorano in una situazione di vero e proprio subappalto, e cercano di cavarsela comprimendo, a qualunque costo, il solo fattore su cui hanno potere: il lavoro. Prendendo l'esempio della vendita delle insalate, Denis Brutsaert spiega: «in funzione della domanda dei grandi magazzini, in qualunque momento della giornata, i compratori telefonano per dire che hanno bisogno di un camion, di un carico o di tre, a una data ora, in un dato posto. È quindi impossibile avere della manodopera fissa, poiché ci vogliono improvvisamente quindici persone per due ore. C'è bisogno di un esercito di riserva, disoccupati, persone che vivono con l'Rmi [il Reddito minimo di inserzione, l'assegno versato in Francia a chi ha più di 25 anni ed è senza lavoro, ndt], clandestini» (3).
La situazione è diventata assurda e insostenibile. In dodici anni, il 43% delle aziende agricole sono scomparse nella regione delle Bocche del Rodano. Alcune imprese francesi e spagnole investono in Marocco per ridurre ancora di più i costi salariali. Contemporaneamente, i profitti dei supermercati aumentano a razzo: tra i dieci più grossi patrimoni di Francia, ben cinque provengono dalla grande distribuzione (4).
Il risultato è disastroso per i lavoratori. Le miserabili condizioni di lavoro sono state rivelate in modo spettacolare dalle sommosse razziste scoppiate nel febbraio 2000 a El Ejido, in Andalusia, contro gli operai agricoli marocchini (5). La presenza massiccia di immigrati clandestini che lavorano nell'agricolatura in Spagna è stata di nuovo messa in evidenza in occasione del tragico incidente stradale, vicino a Murcia, nel gennaio 2001, che ha causato la morte di 12 braccianti agricoli clandestini ecuadoriani. Tutti lavoravano per una remunerazione oraria di 2,41 euro. C'è voluta questa tragedia per venire a sapere che c'erano 20.000 ecuadoriani clandestini in questa regione e 150.000 in Spagna. La situazione è, certo, più spettacolare nella regione di El Ejido, ma gli abusi esistono dappertutto in Europa. In Gran Bretagna, sono soprattutto i «gangmasters» a organizzare le squadre di lavoratori, che provengono sempre più dai paesi dell'Est, e a decidere il livello dei salari e le condizioni di lavoro. «L'ideale per l'impresa agricola è il lavoro come fattore variabile a seconda del livello di produzione, e non più un fattore (e quindi un costo) quasi fisso (...) Per arrivare a ciò, la cosa più semplice è dare in subappalto le assunzioni di manodopera necessaria giorno per giorno, o anche ora per ora, presso agenzie di reclutamento legali o illegali» (6).
In Olanda, uno dei primi paesi al mondo ad aver introdotto l'agricoltura intensiva, un terzo dei lavoratori clandestini - che si calcola siano almeno 100.000 - lavorano nella produzione di fiori e verdura. Dappertutto o quasi in Europa, viene fatto ricorso a un ampio raggio di «risorse umane», costituite da quattro categorie: cittadini del paese, legali, che però fanno un gran numero di ore supplementari poco o per nulla pagate; cittadini non dichiarati (disoccupati, che prendono l'Rmi...); immigrati legali, con o senza contratto, il cui orario di lavoro oltrepassa anch'esso i limiti di legge; infine, gli immigrati clandestini.
In Francia, esiste uno dei più vecchi statuti del lavoro stagionale agricolo d'Europa, i contratti Omi (si veda il box alla pagina seguente).
In altri paesi europei ci sono contratti simili. Per esempio, lo statuto di Erntehelfer (aiuto alla raccolta) è stato introdotto in Austria nel 2000. «Delle persone, 7.000 al massimo, possono rimanere solo sei settimane. Non hanno la previdenza sociale, i salari sono infimi, l'organizzazione sindacale assente. Il datore di lavoro non paga contributi, né per il fondo disoccupazione né per la pensione.
Così risparmia il 15,5% del salario lordo» (7).
Nel 1991, la Germania ha introdotto lo statuto del lavoro stagionale nei settori agricolo, forestale e alberghiero. Il contratto è limitato a tre mesi. Nel 2000, 220.000 nuovi permessi sono stati concessi per stagionali agricoli. Teoricamente dal 1998, c'è un contingentamento limitato a 180.000, ma il governo ha previsto una moltitudine di eccezioni, come «il rischio di fallimento causato da una manodopera troppo costosa...». Viene stimato che ci sono altrettanti lavoratori non dichiarati di quanti abbiano un contratto legale. Circa il 90% dei migranti assunti dagli agricoltori tedeschi provengono dai paesi dell'Est. Sono pronti a lavorare molte ore per pochi soldi, visto lo scarto molto importante tra i salari dell'Europa dell'Est e dell'Ovest.
Questi statuti di stagionale comportano numerosi effetti perversi.
In Francia, l'obbligo di rientrare immediatamente nel paese di provenienza rende praticamente impossibile qualunque denuncia contro gli abusi.
In più, il tempo trascorso da uno stagionale non è calcolato come anzianità sul territorio nazionale, se un giorno il lavoratore volesse chiedere un permesso di soggiorno regolare. Un clandestino in Francia, per esempio, presente da vari anni, può a volte ottenere un permesso di soggiorno. Invece, un operaio con un contratto Omi di otto mesi l'anno per 25 anni, non ha alcun diritto.
Grazie a questi statuti temporanei, i governi europei cementano una forma intollerabile di segregazione sul mercato del lavoro. Secondo Alain Morice, ricercatore del Centro nazionale per la ricerca scientifica (Cnrs) sulle migrazioni e la società, «è possibile immaginare che, poco per volta, di deroga in deroga, di annullamento in annullamento di questo o quel articolo del codice del lavoro, non esiterà più il lavoro illegale, per la semplice ragione che la nozione stessa di legalità avrebbe fatto considerevoli passi indietro. Quando per esempio analizziamo il lavoro agricolo, ci rendiamo conto che il codice rurale non è altro che una gigantesca somma di deroghe al diritto positivo per quanto riguarda il lavoro» (8).
L'Europa sta costruendo una sotto-classe di lavoratori temporanei, che si sostituiscono uno all'altro in una rotazione permanente. Gli immigrati non avranno soprattutto il diritto di vivere in modo normale con la propria famiglia. L'allargamento dell'Unione europea ai paesi dell'Europa centrale avrà conseguenze incalcolabili. La distruzione dei piccoli produttori agricoli polacchi, per esempio, costringerà vari milioni di persone a cercare un'altra fonte di reddito. Vedremo così nascere una concorrenza, per i lavori poco qualificati, tra i migranti tradizionali del Sud e quelli dell'Est, a grande vantaggio dei datori di lavoro. La presenza di un'immigrazione legale o illegale «invisibile» costituisce un fattore particolarmente prezioso. «In Occidente, l'invisibilità è la pelle bianca e, in via accessoria, l'appartenenza a una cultura il più cristiana possibile. È già possibile qui e là vedere questa tendenza all'"imbiancamento". Per esempio, dopo le sommosse razziste a El Ejido, abbiamo assistito a parziali assunzioni sostitutive» (9).
Un altro esempio spettacolare di sostituzione di immigrati ha avuto luogo nella primavera del 2000 a Huelva, una regione andalusa, celebre per la produzione di fragole. Ogni anno, 55.000 operai stagionali vengono assunti da marzo a giugno. Tradizionalmente, questi operai sono dei giornalieri spagnoli, ma da qualche anno sono presenti anche 10.000 immigrati, quasi tutti maghrebini non assunti legalmente.
Nel 2001, in seguito al grande movimento dei sans papiers in Spagna, 5.000 di loro hanno ricevuto permessi di soggiorno limitati alla raccolta delle fragole in questa provincia. All'inizio della stagione, aspettano sul posto, fiduciosi, perché finalmente hanno dei docummenti ufficiali. Ma con grande sorpresa vedono arrivare giovani donne polacche e rumene che cominciano a raccogliere la frutta, sovente meno pagate di quanto fossero loro. Il governo spagnolo ha deciso di offrire dei contratti per questo stesso lavoro a 6.500 polacchi e 1.000 rumeni, per lo più donne (10).
Migliaia di maghrebini si sono così trovati per strada, privi di tutto, senza lavoro, senza casa e senza speranza. La situazione è molto tesa e ha provocato un'ondata di razzismo contro i «moros», accusati di essere sporchi, non rasati e pelandroni. 4.000 persone hanno manifestato a Huelva contro «l'insicurezza civile» e, per la prima volta, c'erano dei manifesti di estrema destra, del Partito della democrazia nazionale.
I maghrebini alla fine hanno partecipato alla raccolta delle fragole.
Alla ricerca disperata di un lavoro qualunque, sono rimasti nella regione. «Hanno costituito un esercito di riserva molto importante per lavorare nei giorni feriali e durante le punte di produzione, cosa che non erano disposti a fare i lavoratori dell'Est. I soli beneficiari di questa situazione sono gli imprenditori, che si sono dichiarati molto soddisfatti della stagione, una delle più redditizie» (11).



note:

*Coredattore di Goût amer de nos fruits et légumes, pubblicato dal Forum civico europeo, Limans, 2001.

(1) «La lunga storia del modello californiano», Forum civico europeo, in «Le Goût amer de nos fruits et légumes», numero speciale di Informations et commentaires, Corenc, 2001 (forumcivique.europe@wanadoo.fr)
(2) Le Travail au noir dans l'agricolture, studio realizzato nel 1997 da Orseu, con il contributo di sindacalisti in Germania, Spagna, Francia, Italia, Olanda e Gran Bretagna, con il sostegno della Commissione europea.

(3) «Grand commerce et logique libérale», in Le Goût amer de nos fruits et légumes, op. cit.

(4) Si legga Christian Jacquiau, «Racket dans la grande distribution fraçaise», Le Monde diplomatique, dicembre 2002.

(5) Si legga Victor Angel Lluch, «Apartheid in serra spagnola», Le Monde diplomatique/il manifesto, marzo 2000 e «El Ejido - terre de non droit», rapporto di una commissione di inchiesta del Forum civico europeo, Golias, Villeurbaine.

(6) Le Travail au noir dans l'agriculture, op. cit.

(7) Le Goût amer de nos fruits et légumes, op.cit.

(8) Estratto da un'intervista di Radio Zinzine (Forcalquier), 12 settembre 2002.

(9) Jean-Pierre Alaux del Gruppo di informazione e di sostegno ai lavoratori immigrati (Gisti), «Vers l'Europe blanche et chrétienne de Charlemagne?», in Le Goût amer de nos fruits et légumes.

(10) Secondo l'agenzia marocchina Map, gli emigrati marocchini sono stati quasi completamente scartati dal contingente ufficiale dei lavoratori stagionali impiegati in Spagna nel 2002. Solo 515 sono stati ammessi su un contingente di 32.000. Dall'inizio degli anni '90, più della metà dei posti venivano tradizionalmente accordati ai marocchini (fonte: L'Agriculteur provençal, Aix-en-Provence, 15 novembre 2002).

(11) Estratto di un'intervista a Decio Machado, responsabile de Organización democratica de immigrantes y trabajadores extranjeros (Odite) a Huelva, il 19 maggio 2002, pubblicata in Archipel 96, Basilea, luglio 2002.
(Traduzione di A. M. M.)
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