da La Repubblica

del 13 agosto 2000

I SOGNI NELLA STIVA

di VINCENZO CERAMI

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NON c'è immagine più straziante di una zattera carica di gente distrutta dalla stanchezza e bruciata dalla salsedine. La nave dei fantasmi, Le Radeau de la Meduse di Géricault, la rugginosa imbarcazione turca "Iman" approdata ieri mattina a Crotone carica di 245 curdi, descrivono corpi disfatti e avvinghiati uno all'altro, tutti con la medesima maschera in cui sono congelate speranza e disperazione, dolore e rabbia, vita e morte. Sono ritratti della Pietà, di vinti costretti dalla storia a sperare in un'altra patria, a credere nell'esistenza di una terra promessa. Eccolo un padre scavato dalla fatica mentre stringe tra le braccia una creaturina pensosa, con il ciuccio in bocca come tutti i bambini che diventano grandi. IERI sono sbarcati in Italia i clandestini più innocenti e più sfortunati. Non scappano soltanto dalla fame, ma fuggono dall'odio barbarico di paesi interi e governi che, per ragioni tanto orrende quanto ingiustificabili, li vorrebbero cancellare dalla faccia della Terra. Vengono dall'Iraq, sopravvissuti alle epurazioni e al genocidio; fuggono dalla Turchia e dalla Siria. Vanno alla deriva su bagnarole infette come quelle imbarcazioni di rifiuti tossici che tutti i porti respingono. Dalla nave "Iman" sono scesi 91 bambini e tante mamme. Gli uomini che erano con loro non stavano più in piedi per quanta della loro forza hanno sacrificato alle mogli, ai figli, ai nipoti. Sui loro volti muti lo stesso sguardo dei nostri nonni italiani che negli anni Cinquanta e Sessanta furono costretti dalla miseria a cercare una speranza che li aiutasse a rincorrere la vita. Ma anche dei nonni turchi o slavi che in massa hanno varcato i confini della Germania e del Belgio. Non è difficile immaginare i più grandicelli di quei 91 bambini, stretti alla gonna della madre ma accesi di una curiosità piena di paura ma anche di gioia. A nessun ragazzino è mai passato per la testa che potevano morire tutti durante la traversata, per colpa del mare e, chi sa, per colpa di pirati cattivissimi incrociati sulla rotta. A nessun di loro è mai venuto il sospetto che i loro padri non fossero all'altezza della situazione, custodi indiscussi della vita e della felicità di ogni famiglia. Non è rara infatti l'immagine di bambini festosi sotto le bombe, di allegri girotondi nel cuore delle più atroci tragedie della storia. L'innocenza che fatalmente, religiosamente vestono con araldico sfarzo nelle loro faccette sporche e smunte, nei loro sorrisi spezzati, nelle loro magliette dove Topolino e Bart Simpson sono impataccati, rende uguali tutti gli espatriati della Terra, e di tutte le epoche. Lo strazio, una volta che proviamo a figurarci concretamente questi viaggi della speranza, è insopportabile. Perciò si preferisce incasellare tali tragedie nell'ambito dei fenomeni sociali e storici, corredato di cifre, numeri e statistiche. E spesso, purtroppo, la rimozione assume i connotati di un cieco, brutale rifiuto di occuparsi dei problemi degli altri, come se quei bambini fossero solo immagini televisive e non persone reali. Invece l'idea del Nobel per la pace da attribuire alla Puglia è quantomai sacrosanto. Certo è facile commuoversi di fronte a tanti bambini la cui colpa è solo quella di essere nati su un pezzo di terra sbagliata, circondati dalla crudeltà e dalla violenza della storia. Ma è proprio questa commozione che deve far pensare e immaginare un viaggio estremo alle cui spalle si allontanano i sapori e gli odori di una cultura antica e nobilissima; vengono abbandonate per sempre le case paterne, i giocattoli, i paesaggi. Viaggi dentro un sogno vago. Verso un futuro. Quei bambini buttati per intere notti nei porti ad aspettare la barca delle favole, e poi accatastati nella stiva umida e buia per interi giorni, costretti alla promiscuità e aggrediti dalla sporcizia, sono il rovescio della medaglia del mondo attuale, che si vuole più progredito e ricco che mai, l'altra faccia della luna su cui non batte mai il sole.