Prostitute costrette a partorire i neonati venduti dai protettori
Caserta, il dramma di un'albanese. Si indaga sul mercato di bimbi
CASERTA (e.b.)
da "La Repubblica" del 12 luglio 2000

Reclutata in Albania con la falsa promessa di un lavoro. Violentata, obbligata al marciapiede, venduta da un'organizzazione di sfruttatori a un'altra. E infine costretta a cedere il figlio appena nato, firmando addirittura una sorta di liberatoria, un documento con cui ha rinunciato a qualsiasi pretesa sul bambino. E' stato quest'ultimo sopruso ad aiutarla a vincere il terrore dei suoi aguzzini. Ora l'organizzazione è smantellata, gli sfruttatori in carcere, lei in una comunità che la sta aiutando a trovare un lavoro vero. E la Procura di Santa Maria Capua Vetere sulle tracce di quella che sospetta sia una vera e propria "fabbrica" di bambini, destinata ad alimentare il mercato delle adozioni illegali. Perché dopo la prima denuncia altre ne sono seguite. Di ragazze obbligate ad abbandonare i figli neonati: sarebbero stati un "disturbo" troppo grande per un'attività che rende allo sfruttatore anche un milione al giorno. Venduti, invece, si trasformano per l'organizzazione in un'altra forma di reddito. Silvia (il nome è di fantasia) è arrivata nel casertano due anni fa. Vent'anni, graziosa, bionda, molto richiesta. Un incasso che non doveva mai scendere al di sotto del mezzo milione al giorno, sennò erano botte. Circa un anno fa, si è accorta di essere incinta, e quando il suo stato cominciava ad essere evidente, ha dovuto confessare. Il suo protettore, all'epoca anche suo "fidanzato", l'ha subito venduta. Silvia ha continuato a battere il marciapiede finché la gravidanza ha raggiunto i sei mesi. Poi, nell'imminenza del parto, il suo nuovo padrone l'ha messa su un treno e accompagnata in una clinica a Mannheim, vicino Francoforte. Non ha mai visto il suo bambino. Ha firmato un cumulo di carte per dire che non l'avrebbe riconosciuto. Ma quando è tornata in Italia ha trovato il coraggio di raccontare. L'aspetto più sconvolgente è che il suo dramma non sembra isolato: altre ragazze sarebbero state costrette a partorire all'estero, i loro bimbi ceduti.