da La Repubblica

del 18 Luglio

SCHIAVE DEL SESSO PUNIRE I PADRONI

di MIRIAM MAFAI

 

ALBANESI, moldave, rumene, ucraine, giovanissime, quasi bambine, cedute a poco prezzo nei paesi d'origine da famiglie affamate o rapite o facilmente sedotte dall'idea di arrivare in un paese ricco e moderno dove chiunque può trovare un lavoro con un po' di abilità e di fortuna, buttate sulle nostre coste da scafisti senza scrupoli gli occhi spalancati per la paura e la meraviglia, poi violentate, seviziate, torturate, marcate a fuoco come si fa con i capi di bestiame, perché ne sia riconoscibile il "padrone", costrette in qualche caso a partorire e poi a mettere in vendita i propri figli: hanno questa storia di orrori alle spalle le prostitute che sulle nostre strade di giorno e di notte, a decine si offrono ai loro clienti, giovani e vecchi maschi italiani. I clienti arrivano, puntualmente. Non mancano mai, né di giorno né di notte, né d'estate né d'inverno, né quando fa freddo (e le ragazze si scaldano attorno a un fuoco improvvisato) né quando il sole picchia furibondo (e le ragazze restano seminude sul ciglio della strada). La prostituzione è un affare che rende miliardi ogni anno. Non alle ragazze ma ai trafficanti che le comperano nei paesi d'origine, le violentano per prepararle al mestiere e poi le rivendono alle bande che, attraverso uomini appositamente addestrati, ne controllano quotidianamente l'attività. La prostituzione non è più, come una volta, una attività artigianale, è ormai un affare controllato delle mafie internazionali, in primis dalle mafie albanesi. E' un commercio che in Italia, grazie all'insufficiente controllo delle nostre lunghissime coste e frontiere, trova un mercato di sbocco ideale. Merce pregiata, le ragazze quando sono giovanissime, un commercio clandestino che rende quanto le sigarette e la droga. E molte strade del nostro paese sono state trasformate in un bordello a cielo aperto: per constatarlo basta andare una sera, a Roma, sulla Salaria o sulla Pontina. GLI antichi trafficanti di schiavi che imbarcavano i giovani negri in catene per le piantagioni di cotone americane erano convinti di fare un lavoro "normale". Questi nuovi trafficanti di ragazze ridotte a pura merce con la violenza e il ricatto, sanno perfettamente di essere fuori da ogni legge. Lo sanno, ma la sfidano tranquillamente. Perché non ne pagano nessun prezzo. O il prezzo che ne pagano non è tale da scoraggiarli. Tutte le attività criminali infatti si basano su una analisi o una previsione del rapporto costo-benefici che, quando sia troppo sbilanciata a favore della prima alternativa, ne consente la continuazione, traducendosi in una sostanziale impunità. E' questo il caso italiano. Certo, siamo anche noi a conoscenza, e ne abbiamo informato puntualmente i nostri lettori, di operazioni di polizia che hanno consentito anche recentemente la "liberazione" di alcune ragazze e l'arresto dei loro "padroni". Così come sappiamo di organizzazioni cattoliche che si adoperano, con successo, al recupero di queste ragazze e al loro reinserimento nella società civile. Ma, ci sia consentito dirlo, il numero di queste operazioni e di questi arresti, poche centinaia, ci sembra assolutamente sproporzionato rispetto alla gravità, alla vastità ed alla visibilità del fenomeno. Per questo quali che siano le opinioni e le buone intenzioni del ministro Turco, non mi sembra che sia utile proporre a queste ragazze di riunirsi in cooperativa per gestire esse stesse quello che una volta si chiamava "il mestiere più antico del mondo". Queste ragazze non hanno scelto di fare le prostitute: vi sono state costrette con la forza. L'alternativa che noi dovremmo poter loro offrire è quella del ritorno alle loro famiglie o dell'inserimento, con un regolare permesso di soggiorno, nella nostra società. Ma nei confronti dei loro sfruttatori, di coloro che organizzano questo vergognoso traffico, e di coloro (i cosidetti "protettori") coloro che ne controllano i movimenti e l'attività e che ne riscuotono ogni sera l'incasso, nei confronti di questi va pretesa la più severa azione repressiva. Siamo di fronte ad una vera e propria forma di moderna schiavitù. Speriamo che nessuno si scandalizzi se, in questo caso, chiediamo che sia messa davvero in atto la "tolleranza zero". Senza ripensamenti, pentimenti e condoni.