NASCE UNA LISTA DI IMMIGRATI DI SECONDA GENERAZIONE. TRA LORO, ANCHE ITALIANI

Nella Svizzera blindata la carica dei «secondas»

da La Stampa del 13/10/2003

MILANO LA capolista si chiama Natalie Avanzino. Sulla carta può contare sul voto di 17 mila italiani, quanti sono quelli naturalizzati nel cantone di Zurigo. Ma tra loro non c’è suo padre perché non ha ancora ottenuto il passaporto elvetico. Misteri della legge svizzera. Nel Paese europeo che ha aperto le porte al maggior numero di stranieri - i regolari sono 1 milione e mezzo, pari ad oltre il 20% della popolazione - il riconoscimento della nuova nazionalità e il diritto al voto sono ancora elargiti con il contagocce. Natalie Avanzino, giornalista, capelli neri e sorriso, è pronta alla battaglia: «Vogliamo che in Svizzera la situazione cambi. Per questo abbiamo deciso di presentarci alle elezioni». Per questo domenica prossima, elezioni legislative e dunque in tutti i Cantoni, solo a Zurigo ci sarà una lista mai vista. Si chiama con una certa autoironia «Secondas plus». Perché con il termine ispanico «secondas», vengono definiti in modo spregiativo i figli degli immigrati di prima generazione. Sulla carta sono svizzeri per nascita, quando va bene hanno il doppio passaporto, anche quello crociato bianco e rosso. Se no solo quello del Paese di origine. E’ come se in Italia si presentasse una lista «Vu cumprà». Se non peggio. I candidati di «Secondas plus» pronti a sfidare l’Udc, la lista di destra e populista di Christoph Blocher che insieme ai radicali e ai democristiani cerca una conferma nel voto federale, sono 34 e hanno 21 origini diverse in un melting pot di culture e di colori che abbraccia i cinque continenti. Nessuno ha esperienze politiche. Tra loro c’è l’informatico ceco Josef Nemecek, la filosofa tunisina Saida Keller-Messahlilic, la sociologa portoghese Isabel Bartal, lo studente angolano Mandus Do Santo Pinto, il costruttore indiano Arabinda Roy, il tassista marocchino Driss Boualam, il designer polacco Roman Prelicz, il manager Andrew Katumba, figlio di un ugandese e di un’ucraina che ha lo status di rifugiato politico dopo essere scappato dal regime di Idi Amin Dada. Gli italiani sono sette, dalla capolista Natalie Avanzino a Salvatore Di Concilio, dal meccanico Giovanni Giarrana allo studente Claudio Genovese. «Neostudente di Economia, ho appena 20 anni», precisa lui, nato a Zurigo da madre svizzera e padre italiano, l’anno scorso tre mesi di stage all’università di Milano. «In Italia mi chiamavano svizzerotto, in Svizzera dicono che sono italiano. Difficile decidere a chi dare ragione». Suo padre fa parte della generazione degli italiani emigrati in Svizzera negli Anni Sessanta. «Faceva il meccanico. Poi ha aperto un’autofficina. Era conosciuto come uno di quegli immigrati che ce l’hanno fatta. Però a distanza di quaranta anni non gli hanno ancora dato il passaporto. E allora domenica non potrà votare per me». Mica facile avere il prezioso libretto. Tanto per dire: la Svizzera è entrata nell’Onu solo il 10 settembre del 2002, non fa parte della Ue, non ha firmato il trattato di Schengen, si tiene stretta il franco e non lo cambierebbe con l’euro per nessuna ragione al mondo. Dopo 10 anni di residenza si ha diritto al voto ma solo nelle elezioni amministrative. Sposare un cittadino elvetica non fa scattare alcun automatismo, come minimo bisogna aspettare altri cinque anni e in caso di divorzio c’è il rischio di perdere tutto. Praticamente un inferno per il milione e mezzo di stranieri, dei quali un 30 per cento abbondante sono italiani. Ad essere ottimisti, gli analisti danno un solo candidato eletto alla lista dei migranti. Se potessero votare tutti gli stranieri sarebbero almeno tre. «Siamo una lista di sinistra, siamo legati ai socialisti, siamo al nostro primo tentativo ma qualcosa vogliamo fare», fa la sua campagna elettorale Natalie Avanzino. Di quello che succede nel nostro Paese ammette di sapere poco. Delle cose della politica ancora meno. Abituata ad un governo di centrodestra che l’anno scorso aveva tappezzato Zurigo e tutti i cantoni con un manifesto assai provocatorio - «Noi svizzeri siamo i negri di turno», scritto bello in grande - di quello che avviene in Italia un po' si stupisce. «E’ strano che da voi il dibattito sul voto agli stranieri lo abbia fatto partire proprio Gianfranco Fini».