Colonizzazione ed emigrazione in Maghreb  
di Abdellatif Fadloullah – Università di Rabat (Marocco) tratto da R. Cagiano de Azevedo, "Migration et cooperation au développement, etudes démographiques n° 28", Direction des affaires sociales et économiques, edizioni del Consiglio d’Europa, 1994

 

 

  1. L’origine della migrazione dal Maghreb: la colonizzazione

  2. La grande guerra

  3. La crisi economica e i rimpatri

  4. La seconda guerra mondiale

  5. Gli anni 50

  6. Gli accordi del 63-64

  7. Gli accordi francesi, la situazione prima della crisi energetica

  8. Situazione al 1974

  9. Rimpatrio delle comunità europee ed ebree

  10. Destinazioni principali

  11. La situazione dopo la crisi petrolifera

  12. Il ricongiungimento familiare

  13. Emigrazione femminile ed infantile

  14. Contesti abitativi di provenienza

  15. Espedienti per ottenere la regolarizzazione

  16. Motivazioni delle problematiche sorte dal ricongiungimento familiare

  17. Impatto dell’emigrazione di ricongiungimento

  18. Emigrazione stagionale

  19. Immigrazione clandestina

  20. Condizioni favorevoli alla clandestinità

  21. Contesto maghrebino degli anni 70

  22. Conseguenze della crisi

  23. Emigrazione clandestina come soluzione

  24. I visti: provvedimenti europei per tentare di frenare la clandestinità

  25. Immigrazione irregolare: percorso ad ostacoli

  26. Caratteristiche dell’immigrato clandestino

  27. Stima del fenomeno dell’immigrazione clandestina

  28. Immigrazione marocchina

 

 

1.      L’origine della migrazione dal Maghreb: la colonizzazione

 L’emigrazione maghrebina in Europa occidentale trova la sua origine nella colonizzazione dell’Africa del Nord da parte della Francia. La sua evoluzione resterà a lungo condizionata dal fattore coloniale, anche dopo l’indipendenza dei paesi maghrebini. Tuttavia, durante gli ultimi tre decenni, sono emerse differenze significative nel movimento migratorio tra i tre paesi interessati: Algeria, Tunisia e Marocco[i].

Sono colonizzati precocemente (1830) gli algerini che intraprendono i primi  viaggi verso l’Europa. A partire dalla fine del XIX secolo ambulanti algerini vengono segnalati in alcune città e stazioni termali francesi. Verso il 1910 fabbriche francesi ricorrono a lavoratori algerini che contano ufficialmente 5000 unità nel 1912, concentrati a Parigi, Marsiglia e nella Regione del Pas-de-Calais.

 

 

 

2.      La grande guerra

 E’ con la prima guerra mondiale che si scatena veramente l’emigrazione maghrebina in Francia. In effetti, non potendo soddisfare totalmente i propri bisogni di manodopera con gli immigrati dell’Europa mediterranea, lo Stato francese ricorse a “lavoratori coloniali” che reclutava a forza per impiegarli nelle fabbriche (per sostituire gli operai francesi mobilitati), nei cantieri e al fronte. L’incarico fu affidato ad un servizio specializzato, creato nel 1916. Esso poté reclutare e trasferire in Francia più di mezzo milione di Maghrebini di cui i tre quinti furono impiegati dall’esercito. Quasi un decimo di questi trovò la morte o scomparve e un gran numero fu ferito.

La maggioranza dei sopravvissuti fu rimpatriata al termine della guerra. Se questa non fu certo l’occasione ideale per loro per apprezzare il soggiorno all’estero, essa permise comunque la scoperta di nuovi orizzonti e la possibilità di impiego in Europa[ii]. La ricostruzione del paese e il rilancio economico del dopoguerra determinarono una richiesta urgente di manodopera supplementare. Tra il 1919 ed il 1924, gli Algerini, grazie principalmente al loro statuto speciale, entrarono in massa in Francia dove il loro numero superò i 100000 nel 1924, contro una decina di migliaia di Marocchini e quasi altrettanti Tunisini.

Fino a quel momento l’uscita dei Maghrebini dai propri paesi era rimasta priva di particolari controlli. Questo aveva inquietato i coloni che lamentavano una crescente penuria di manodopera sul posto a causa della richiesta di “lavoratori indigeni” da parte di datori di lavoro della madrepatria. L’emigrazione maghrebina divenne oggetto di discordia tra l’amministrazione francese e i coloni, che arrivarono ad imporre nel 1924 un sistema di controllo sull’emigrazione dei Nordafricani. Ciò non tardò a rivelarsi in gran parte inefficace poiché le aziende della madrepatria ricorsero al reclutamento clandestino.

 

3.      La crisi economica e i rimpatri

 Con l’avvento della grande crisi economica, i Maghrebini furono i primi ad essere interessati dalla disoccupazione. Il numero di ritorni dalla Francia sorpassò quello delle partenze. L’emigrazione maghrebina, che non era più sostenuta dai datori di lavoro francesi, fu sottoposta a severe misure restrittive. Alla vigilia della seconda guerra mondiale, il numero dei Maghrebini in Francia si ridusse a circa 50.000, di cui la metà costituita da Algerini.

 

4.      La seconda guerra mondiale

Il conflitto mondiale portò con sé, ancora una volta, il reclutamento in massa dei Maghrebini come lavoratori o come soldati. L’occupazione della Francia e la chiusura di numerose fabbriche che ne seguì, provocarono il rimpatrio della maggior parte di coloro che erano stati chiamati. Va detto che l’esercito tedesco ne reclutò un gran numero per la costruzione del Muro dell’Atlantico. Dopo lo sbarco degli Alleati in Africa del Nord e poi in Italia meridionale, un numero considerevole di maghrebini partecipò valorosamente al conflitto in Italia, Francia, Germania… Alla fine della guerra una parte dei sopravvissuti rimase di stanza nelle caserme mentre gli altri furono rimpatriati.

Le necessità relative alla ricostruzione economica in Francia, portarono l’Ufficio nazionale dell’immigrazione a reclutare Maghrebini per il lavoro in miniera e nell’industria. A questo scopo gli Algerini ottennero la libertà d’ingresso in Francia, ciò comportando cambiamenti importanti a livello qualitativo nell’emigrazione algerina: mentre prima essa era costituita unicamente da uomini soli, sposati o celibi, da allora essa riguardò anche le famiglie. L’emigrazione proveniente da Marocco e Tunisia, che non beneficiò di tale libertà di circolazione, restò relativamente più limitata, individuale e maschile, composta di un buon numero di clandestini reclutati da imprese francesi, il più delle volte in seguito alla raccomandazione di compatrioti già presenti in Francia.

 

5.      Gli anni 50

 La crisi politica dell’inizio degli anni 50, seguita dalle guerre di liberazione nazionale, provocò un aumento del controllo sull’emigrazione e quindi una sua significativa riduzione. Pertanto, alla metà degli anni 50, quando il periodo coloniale stava per finire, si potevano contare in Francia quasi 250000 immigrati Maghrebini, costituiti per più di nove decimi da algerini.

Fino ad allora l’emigrazione maghrebina si era adeguata esattamente ai bisogni della Francia, oscillando secondo il grado della congiuntura economica e degli avvenimenti politico-militari della madrepatria. Essa era costituita quasi esclusivamente da uomini giovani, il più delle volte costretti a svolgere lavori faticosi e pericolosi. A causa della situazione particolare dell’Algeria, considerata come facente parte della Francia e i suoi cittadini, dal 1947, come cittadini francesi, rispetto a Tunisia e Marocco a statuto di protettorati, erano gli Algerini che costituivano la gran parte dell’emigrazione maghrebina. Il loro saldo migratorio in Francia, tra il 1947 e il 1954, fu di 213000 persone, cioè mediamente circa 30500 all’anno. Nel 1954, essi costituivano più del 93% della comunità maghrebina in Francia, contro appena il 5% dei Marocchini ed il 2% dei Tunisini.

 

6.      Gli accordi del ‘63-‘64

Proprio quando la lunga guerra d’Algeria rallentò il ritmo delle partenze verso la Francia, l’indipendenza del Marocco e quella della Tunisia contribuirono a intensificare l’emigrazione proveniente da questi due paesi, aprendole progressivamente nuovi orizzonti europei, in particolare il mercato del lavoro in Germania, Belgio e Olanda. I lavoratori marocchini in partenza, che non superavano i 3000 nel 1959, tutti diretti in Francia, triplicarono l’anno successivo, per raggiungere i 14000 nel 1962, di cui più di un quarto diretti verso la Germania.

Gli anni 1963-64 costituirono una svolta decisiva sul piano quantitativo, qualitativo e spaziale dell’emigrazione maghrebina in Europa. Le partenze si effettuavano ormai nel quadro di accordi bilaterali tra ciascun paese maghrebino e i paesi importatori di manodopera.

 

7.      Gli accordi francesi, la situazione prima della crisi energetica

 La Francia firmò accordi in questo senso con il Marocco e la Tunisia nel 1963, nel 1964 con l’Algeria. Nei primi due paesi la Francia insediò, rispettivamente a Casablanca e a Tunisi, una succursale dell’Ufficio nazionale dell’immigrazione incaricata di reclutare, dopo una selezione, lavoratori con contratti anonimi o nominativi.

L’effetto di questi accordi fu immediato, provocando un enorme incremento delle partenze. Migliaia di candidati all’emigrazione affluivano verso i centri di registrazione e reclutamento. Tra il 1962 e i 1974, cioè dalla firma degli accordi all’avvento della crisi energetica, più di 300000 lavoratori emigrarono verso Francia, Germania, Belgio e Paesi Bassi, ai quali va aggiunto un numero non indifferente diretto verso i paesi scandinavi, l’Austria, la Svizzera e anche verso i paesi del mediterraneo, in particolare l’Italia ma soprattutto la Spagna e Gibilterra.

Nello stesso periodo dalla Tunisia partirono più di 150000 emigrati, diretti principalmente in Francia e in misura minore in Germania. In Algeria, dove il numero delle partenze era definito dalla Francia in funzione dei propri bisogni, l’emigrazione conobbe un certo rallentamento fino al 1968, per poi riprendere in seguito.

 

 

8.      Situazione al 1974

 Il riscontro fra molte statistiche di natura diversa e non sempre concomitanti permette di valutare la popolazione maghrebina emigrata in Europa, nel 1974, in più di 1,4 milioni di individui, ossia tre volte di più rispetto al 1962. Stanziata in Francia fino a quella data, la popolazione marocchina è ormai presente un po’ ovunque.

Questa dispersione non si limitò solo al fatto che i Marocchini erano presenti dalla Scandinavia fino a Gibilterra e dall’Atlantico fino all’Austria. Alla dispersione dei Marocchini nello spazio si accompagnò la moltiplicazione del loro numero per dieci e del loro peso nella comunità maghrebina per tre, passando dall’8% a quasi il 25%.

Durante lo stesso periodo, i Tunisini, concentrati principalmente in Francia, ma presenti in numero non trascurabile anche in Germania e Belgio, videro il loro numero moltiplicarsi per sei ed il loro peso relativo raddoppiare, raggiungendo quasi il 13% dell’insieme dei Maghrebini. Quanto agli Algerini, il loro numero si moltiplicò solo di 2,5 volte, mentre il loro peso si ridusse al 62% nel 1974, contro l’85% nel 1962 e la loro presenza era nulla al di fuori della Francia.

 

9.      Rimpatrio delle comunità europee ed ebree

Bisogna inoltre ricordare che questo periodo è segnato anche dall’emigrazione quasi totale delle comunità europea e ebraica il cui numero di individui, nel Maghreb, superava largamente i 2 milioni di persone, costituito per quattro quinti da Europei di diversa origine, ma in particolare Francesi, e per un quinto da Ebrei. La metà di tale popolazione si trovava in Algeria, il 35% in Marocco e il 15% in Tunisia. L’indipendenza del Marocco e della Tunisia nel 1956 non provocarono nell’immediato la partenza di un gran numero di questa popolazione. In Marocco, dove si contavano quasi mezzo milione di Europei e più di 220000 Ebrei nel 1956, ne restavano ancora, rispettivamente, 396000 e 160000 nel 1960. In Algeria al contrario l’indipendenza, raggiunta dopo una lunga guerra di liberazione, fu seguita da un esodo massiccio e rapido della colonia europea e degli Ebrei (che avevano d’altronde nazionalità francese), riducendo la popolazione straniera da un milione a 120000 individui solamente nel 1963. La crisi franco-tunisina del 1963 (Bizerte) e il recupero delle terre agricole dei coloni nei tre paesi provocarono la partenza della maggioranza degli Europei il cui numero si ridusse nel 1966 a 40000 in Tunisia e 160000 in Marocco. Il conflitto arabo-israeliano del 1967 portò all’emigrazione di gran parte della colonia ebraica ancora presente di cui non restarono che 31000 individui in Marocco nel 1971, mentre praticamente sparì negli altri due paesi.

 

10. Destinazioni principali

La quasi totalità dei coloni rimpatriati tornò in Francia, dove diventò un importante elemento nella filiera d’assorbimento di emigrati maghrebini diretti verso l’antica madrepatria. Questi “piedi neri”, molti dei quali si inserirono nel settore agricolo francese, spesso fecero appello ai loro vecchi lavoratori maghrebini che fornivano loro liste di nomi di parenti o amici rimasti a casa e che il “patron” poteva assumere all’occorrenza con contratti nominativi. Si sviluppò così un’emigrazione di carattere stagionale e temporaneo tra Francia e Maghreb, tanto più intensa grazie al fatto che la maggior parte dei vecchi coloni si stabilì nel Mezzogiorno o in Corsica dove le condizioni climatiche sono più sopportabili e la distanza dal Maghreb è minore.

Quanto all’emigrazione israelita, essa si è diretta in gran parte verso la Francia, ma anche in Belgio, in particolare quella proveniente da Tunisia ed Algeria, mentre una proporzione elevata degli Ebrei partiti dal Marocco si è diretta in Canada e soprattutto in Israele.

 

 

 

11. La situazione dopo la crisi petrolifera

 All’indomani del primo shock petrolifero, l’emigrazione maghrebina in Europa assume tre forme principali, in risposta alle nuove politiche di controllo e di arresto dell’immigrazione di manodopera permanente adottate dai differenti paesi importatori:

-          l’emigrazione regolare effettuata nel contesto del ricongiungimento familiare;

-          l’emigrazione dei lavoratori stagionali assunti con regolare contratto;

-          l’emigrazione irregolare o clandestina.

 

12. Il ricongiungimento familiare

In effetti, il ricongiungimento familiare ha cominciato ad essere praticato, a partire dagli anni 60, da alcuni immigrati installati da lungo tempo, che avevano optato per una residenza duratura in Europa, soprattutto algerini in Francia. La possibilità offerta ai lavoratori maghrebini di far venire la propria famiglia in Europa, o di crearsene una, ha finito per dare al fenomeno una maggior ampiezza tra le tre comunità e di influire in maniera decisiva sulle caratteristiche dei flussi d’immigrazione.

Gli incentivi e le pressioni al ritorno praticate dai paesi d’accoglienza non hanno interessato che pochi emigrati maghrebini, reclutati essenzialmente tra disoccupati di lunga durata delusi dalla loro esperienza in Europa, e tra alcuni immigrati anziani, desiderosi di trascorrere la vecchiaia nella propria terra natale. Tra questi si annoverano anche immigrati che hanno potuto organizzare una piccola attività nel proprio paese, nel settore commerciale o immobiliare, il cui sviluppo richiedeva una presenza effettiva e continua in loco. Ma la grandissima maggioranza degli emigrati, ritenendo molto difficile, se non impossibile, il loro reinserimento in un contesto socioeconomico nazionale incerto e sempre meno conosciuto, considerava come logica e inevitabile la prospettiva di una sistemazione duratura, o addirittura definitiva in Europa.

 

13. Emigrazione femminile ed infantile

Coloro che beneficiarono maggiormente della misura del ricongiungimento familiare furono soprattutto gli emigrati partiti tanto tempo fa, che presentavano i requisiti necessari per poter accogliere la propria famiglia, un reddito sufficiente e un alloggio dignitoso. Dal momento che si trattava sovente di famiglie costituite da un numero non indifferente di figli, l’emigrazione infantile, così come quella femminile, divennero le componenti fondamentali dell’emigrazione maghrebina regolare.

La partenza dei giovani e delle donne si è intensificata nel quadro del ricongiungimento familiare, poiché questo permetteva ai migranti non solo di condurre una vita normale, ma anche di approfittare di sussidi familiari più interessanti il cui montante, visto il numero sovente elevato di ragazzi e persone a carico, superava a volte quello di un salario. Il ricongiungimento dava anche ai genitori la speranza di assicurare ai loro figli un’istruzione accettabile, in comparazione a quella che avevano lasciato nel paese d’origine.

 

14. Contesti abitativi di provenienza

Si può notare come gli emigrati provenienti dal tessuto urbano, o che vi hanno vissuto per un certo tempo, abbiano più sovente la tendenza a ricongiungere la propria famiglia in Europa, senza dubbio perché si sono meglio integrati, perché hanno una concezione più moderna della vita di coppia e del ménage familiare, ma anche perché il ricongiungimento offre alla sposa, urbana e quindi relativamente meglio preparata alla vita all’estero, l’occasione di trovare un impiego e di partecipare al miglioramento del livello di vita della famiglia. Tuttavia, in alcune regioni più tradizionaliste e in particolare nelle campagne, ove predomina il contesto della famiglia allargata, i ricongiungimenti familiari sono stati relativamente meno frequenti, anche quando la regione annoverava i gruppi d’immigrazione più anziani, come ad esempio il Souss o il Rif orientale in Marocco.

Oltre ai congiunti,  ragazzi, a volte genitori o addirittura nonni,  alcuni emigrati sono riusciti a far attraversare il Mediterraneo anche ad altri membri della propria famiglia che figurano a loro carico, come fratelli, sorelle, cugini…

 

15. Espedienti per ottenere la regolarizzazione

D'altronde, il ricongiungimento familiare che ha fatto del matrimonio una condizione per riunire congiunti e figli, ha contribuito sensibilmente alla recrudescenza della nuzialità, effettiva o addirittura fittizia, presso gli emigrati maghrebini. Così diversi single sono ritornati nel proprio paese per cercare una moglie o per sposare una fidanzata già esistente, al fine di potersi sistemare convenientemente in Europa. Allo stesso modo, durante i periodi di vacanza che segnano il ritorno di un gran numero d’immigrati nel Maghreb, si assiste alla conclusione di contratti di matrimonio più o meno formali: giovani donne desiderose di trasferirsi in Europa, si accordano, più o meno “amabilmente” con emigrati, per sposarsi e poter così attraversare la frontiera e regolarizzare la propria posizione in Europa, per poi rompere il contratto matrimoniale subito dopo. Una condotta analoga è adottata dagli uomini che, per passare sull’altra sponda del Mediterraneo, si legano a donne emigrate in vacanza. Ci sono stati anche alcuni turisti europei che sono serviti da “passaporto” per giovani donne, il cui matrimonio aveva addirittura obbligato l’europeo a convertirsi più o meno seriamente all’Islam.

 

16. Motivazioni delle problematiche sorte dal ricongiungimento familiare

 Si può notare come la formula del ricongiungimento familiare non abbia funzionato appieno e i suoi risultati siano stati al di sotto delle aspettative, per differenti ragioni. Innanzitutto la maggior parte dei lavoratori maghrebini non disponeva di alloggi adeguati (spesso angusti e insalubri) e molti altri, durante questa difficile seconda metà degli anni settanta, erano colpiti dalla disoccupazione di lunga durata, o occupati in impieghi mal remunerati, fattori che non favorivano l’accettazione delle loro domande di ricongiungimento familiare. Inoltre molti emigrati ritenevano difficile trasferire l’intera famiglia in Europa, vista la molteplicità delle spese e il costo della vita, e preferivano lasciare la famiglia nel paese d’origine per evitare lo sradicamento culturale della sposa e soprattutto dei figli (educazione e scolarizzazione). Un gran numero, infine, considerava la propria situazione professionale in Europa precaria e non era riuscito ad adattarsi ad un clima sociale ostile, continuando a sperare in un eventuale ritorno nel proprio paese.

 

17. Impatto dell’emigrazione di ricongiungimento

Comunque il ricongiungimento familiare ha avuto un impatto notevole sull’emigrazione maghrebina. Se da una parte ha trasferito in Europa masse inattive, dall’altra è servito anche ad un gran numero di persone attive, tra le spose e, più a lungo termine, tra i ragazzi e gli adolescenti, ma anche tra i genitori e i collaterali. Questa emigrazione, concepita dai paesi d’accoglienza come emigrazione di popolamento, ha comportato una significativa proporzione di emigrazione di lavoro potenziale che si è sistemata sul mercato del lavoro, sia in modo regolare, nella misura in cui i membri della famiglia dell'immigrato beneficiano di una politica abbastanza liberale in materia di accesso al lavoro, sia in modo irregolare, quando l’immigrato riesce a far assumere i propri familiari utilizzando i vari canali professionali, familiari, amicali o di clan, di cui dispone.

Così, il ricongiungimento familiare, in numero assai limitato durante gli anni sessanta, ha conosciuto un’impennata nel corso degli anni successivi. A tal proposito l’esempio marocchino è eloquente. Il numero di Marocchini coinvolti dal ricongiungimento familiare, soltanto per quanto riguarda la Francia, è stato di 32.000 soltanto tra il 1963 e il 1971 (con una media annuale di 3.560) contro più di 235.000 tra 1972 e 1990 (media annuale di 12.400 persone), con una punta nel 1976 (circa 18.000) e una flessione relativa tra il 1985 e il 1987.

 

18. Emigrazione stagionale

Per quanto riguarda l’emigrazione stagionale dei lavoratori, questa ha registrato un’evoluzione inversa a quella della manodopera permanente. Insignificante fino alla fine degli anni sessanta, si è ampliata progressivamente nel corso degli anni settanta (per diminuire in seguito) in risposta ad una maggior domanda d’impiego temporaneo in alcuni settori, come l’agricoltura, il settore edilizio e quello delle opere pubbliche. Anche qui è possibile citare l’esempio marocchino: dal 1972 al 1981 più di 126.000 lavoratori stagionali sono partiti per la Francia, con una media di 12.600 per anno. Tale media scenderà fino a 4.000 nel 1990.

 

19. Immigrazione clandestina

La forza lavoro risulta comunque più accresciuta dall’emigrazione irregolare. Non si tratta, occorre ricordarlo, di un fenomeno nuovo e spontaneo apparso alla metà degli anni settanta. Sostenuta dal patronato francese negli anni venti, l’emigrazione irregolare comincerà a svilupparsi veramente soltanto durante gli anni Cinquanta, per assumere ulteriore ampiezza nel corso dei decenni seguenti, parallelamente all’estensione dell’emigrazione regolare.

Nel contesto d’espansione economica dell’epoca, l’immigrazione clandestina in Europa rispondeva ad una forte domanda di manodopera, offrendo allo stesso tempo notevoli vantaggi dal punto di vista finanziario e sociale alle imprese, per cui beneficiava della tolleranza da parte delle autorità pubbliche. Soltanto a partire dalla crisi economica questo tipo d'immigrazione, fino ad allora considerata utile, incomincerà ad essere combattuta. Ovunque sono stati introdotti dispositivi giuridici, dalla prevenzione fino alla repressione, sia dell'immigrato clandestino sia del suo datore di lavoro e di ogni persona che avesse svolto un ruolo di intermediario per la sua introduzione sul suolo europeo o per la sua assunzione.

 

20. Condizioni favorevoli alla clandestinità

Tuttavia, né il controllo rigoroso alle frontiere, nei luoghi pubblici, sul posto di lavoro o di abitazione, né le misure di repressione ed espulsione, sono riuscite a dissuadere veramente l'emigrazione clandestina proveniente dal Maghreb, dal momento che questa continuava a beneficiare delle condizioni precedenti che l'avevano favorita, alle quali sono venuti ad aggiungersi nuovi fattori di stimolo.

In effetti, la persistenza, o addirittura la crescita, dell'economia sommersa in Europa occidentale e in particolare nei suoi paesi mediterranei, dove il settore informale rappresenta tra un quinto e un terzo del reddito nazionale, si basano in buona parte sull'immigrazione clandestina, flessibile, docile e quindi poco costosa. La permanenza della domanda di manodopera clandestina all'arrivo, si trova più che soddisfatta dai paesi del Maghreb, tanto più questi sono vicini e le loro condizioni socioeconomiche si deteriorano.

21. Contesto maghrebino degli anni 70

Di fatto, durante la seconda metà degli anni settanta, ma soprattutto nel corso del decennio seguente, si è sviluppato nel Maghreb un contesto particolarmente difficile, risultato della sovrapposizione di difficoltà economiche, sociali e politiche assai inquietanti:

-          Nonostante una certa tendenza che ha visto un decelleramento nei tassi di fecondità, la crescita demografica è rimasta piuttosto alta, compresa tra il 2,5% ed il 3% l'anno, assicurando una crescita media di circa un milione di abitanti  negli anni '70 e di circa 1,5 milioni di abitanti negli anni '80, con tutte le implicazioni del caso in termini di spese e di investimenti sociali di vario genere.

-          L'insufficienza dello spazio agricolo, la mediocrità della maggior parte di questo spazio, il fallimento delle riforme agrarie, la frequenza delle annate secche e la scarsità dell'acqua che ne consegue, il deterioramento dell'ambiente rurale (erosione dei terreni, deforestazione, desertificazione…), l'impoverimento dei contadini, la mancanza di materiali agricoli appropriati nelle campagne… costituiscono pertanto fattori repulsivi forti che spiegano la permanenza di un esodo rurale sempre più incisivo che causa fenomeni preoccupanti di urbanizzazione incontrollata, caratterizzata dalla proliferazione di abitazioni insalubri, il deterioramento catastrofico dell'ambiente, da un punto di vista sia sociale sia più propriamente fisico.

-          Le difficoltà dell'agricoltura, la mediocrità (Marocco, Tunisia) o l’approssimazione (Algeria) dell'industrializzazione, ma anche la concorrenza forzata subita sui mercati maghrebini ad opera dei prodotti dei paesi asiatici e della stessa Europa meridionale[iii], limitano enormemente le possibilità d’impiego di una popolazione attiva in crescita. Per altro verso il turismo resta un'attività secondaria, o addirittura non contemplata (Algeria).

Il tutto va ad aggiungersi alla particolare congiuntura economica in cui le ricette statali si assottigliano (caduta dei ritorni delle materie prime, del petrolio.. ) e le spese aumentano in maniera a volte esorbitante (la guerra del Sahara per il Marocco).

L'indebitamento estero e verso gli organismi internazionali obbliga gli stati a operare tagli non chiari sulle spese sociali e di disimpegnarsi nel settore economico che vede oggi forme di liberalizzazione e di privatizzazione selvagge.

 

22. Conseguenze della crisi

L’insieme di queste misure si traduce, da una parte, in un'inflazione generalizzata e in un aumento incontrollato del costo della vita e, dall'altra, in una riduzione dei lavori per coloro che, massicciamente scolarizzati durante gli anni '60, arrivano sul mercato del lavoro.

Nelle campagne e ancor più nelle città, si va affermando una disoccupazione che colpisce in primo luogo i giovani, gli analfabeti, chi è stato allontanato dalla scuola e chi pur avendo ottenuto un diploma, diventa tristemente consapevole delle poche possibilità di sbocco lavorativo che un titolo di studio è oggi in grado di garantire.

La visibilità di questa disoccupazione è in primo luogo accentuata dall'ingresso sul mercato del lavoro delle donne, scolarizzate e non.

La proliferazione delle attività artigianali, commerciali, di servizi e di costruzioni nel mercato informale, oltre all'espansione vertiginosa delle attività di contrabbando, arrivano ad assorbire solo una parte della forza lavoro disoccupata che aumenta di giorno in giorno.

 

23. Emigrazione clandestina come soluzione

In questa atmosfera di crisi persistente e di fronte all'incapacità dei responsabili di risolvere lo spinoso problema della disoccupazione, l'emigrazione si presenta come soluzione estrema per i giovani di entrambi i sessi in età lavorativa. E tutti i mezzi diventano legittimi per mettere in opera questo obiettivo. Ma gli ostacoli non fanno che accrescersi a fronte dell'accentuazione dell'immigrazione clandestina.

 

24. I visti: provvedimenti europei per tentare di frenare la clandestinità

 In un primo tempo, quando la maggior parte dei paesi non imponeva ancora visti d’ingresso per coloro che provenivano dal Maghreb, l’ottenimento del passaporto, impresa estremamente difficoltosa, impegnava tutti i mezzi e gli sforzi del candidato emigrante. In seguito, l’istituzione dei visti da parte dei paesi tradizionalmente importatori di manodopera maghrebina, lasciò ancora aperte le porte dell’emigrazione passando attraverso Spagna e Italia, ponti naturali gettati tra Maghreb ed Europa. Si accumularono così, in questi due paesi, decine di migliaia di Maghrebini, in particolare Marocchini e Tunisini. Agli inizi degli anni ’90, quando anche in questi paesi furono istituiti i visti d’ingresso, diminuì temporaneamente il flusso di emigrati.

 

25. Immigrazione irregolare: percorso ad ostacoli

 Fatto sta che, utilizzando passaporti a volte autentici e a volte falsi, visti d’ingresso in quanto turisti, studenti o malati, documenti ottenuti spesso a prezzi molto elevati, usando certificati d’asilo forniti da parenti, amici o da semplici conoscenti, un numero crescente di giovani maghrebini partirono e partono ancora per l’Europa, con la ferma intenzione di trovarvi un lavoro e spesso di vivervi stabilmente. Le periodiche operazioni di regolarizzazione dei clandestini nei paesi europei rafforzano la determinazione e la speranza della maggior parte dei candidati ad emigrare.

L’emigrazione clandestina è un lungo percorso ad ostacoli. Ogni azione comporta spese. Ogni tappa comporta rischi. Anch’essa è destinata ai giovani, capaci di condurre una vita dura, instabile ed incerta, dal passaggio della frontiera fino all’eventuale regolarizzazione della loro situazione, periodo che può durare molto e richiedere pazienza e perseveranza.

 

26. Caratteristiche dell’immigrato clandestino

Occorre ricordare che, l’emigrazione, sia regolare sia clandestina, fino alla metà degli anni ’70 riguardò soprattutto persone analfabete o con un livello di formazione professionale generalmente basso, venute in gran parte dalle campagne e comprendente un numero rilevante di capofamiglia. L’emigrazione clandestina, che si sviluppò in seguito, continuò a riguardare persone con queste caratteristiche, ma interessò sempre più anche giovani, solitamente celibi, istruiti e in buona parte diplomati o con un accettabile livello di formazione professionale, provenienti in gran parte da centri urbani. L’ironia della storia, dell’economia e della politica volle quindi che l’immigrazione clandestina fosse di miglior qualità di quella regolare!

 

27. Stima del fenomeno dell’immigrazione clandestina

Naturalmente è difficile quantificare l’ampiezza del fenomeno dell’emigrazione clandestina per quanto riguarda sia il numero degli individui sia le regioni interessate e le destinazioni verso cui essa si dirige.

Per quel che concerne il Maghreb, nessuna seria valutazione è possibile. Gli scarti tra le differenti stime proposte nei paesi d’arrivo sono enormi, e queste sono d’altronde perturbate a causa della grande instabilità dell’immigrazione e del fenomeno delle regolarizzazioni.

Utilizzando diverse fonti, alcuni autori2 hanno potuto stimare il numero degli immigrati maghrebini irregolari nei paesi dell’Europa mediterranea a circa 536000 individui nel 1987-88, di cui 255000 in Italia, 150000 in Francia, 117000 in Spagna, 10500 in Portogallo e 3500 in Grecia. Ma da allora le misure di regolarizzazione e i nuovi arrivi di clandestini hanno cambiato di molto la situazione.

Nel 1985 si poteva stimare la comunità maghrebina in Europa occidentale in circa due milioni di persone. Vista l’evoluzione registrata da questa comunità durante il periodo precedente e l’incremento delle partenze dal Marocco nel corso della seconda metà degli anni ‘80 e dell’inizio degli anni ‘90, si può facilmente affermare che attualmente il numero dei Maghrebini in Europa occidentale supera i 2,5 milioni, di cui i due terzi residenti in Francia, circa il 14% nei paesi del Benelux, quasi altrettanti nei paesi del mediterraneo, i restanti ripartiti tra l’Europa centrale (in particolare la Germania) e il Regno Unito.

 

1.      Immigrazione marocchina

I Marocchini costituiscono oggi praticamente la metà degli immigrati maghrebini, mentre non erano che un quarto alla metà degli anni ‘70; questo testimonia l’ampiezza della loro emigrazione negli ultimi 15 anni durante i quali il loro numero è triplicato. Essi sono inoltre i più disseminati sul territorio europeo essendo presenti praticamente in tutti i paesi.

Considerando solo gli immigrati venuti dal Sud, si nota che i Marocchini costituiscono la comunità straniera più numerosa in Belgio, Italia e Spagna; la seconda comunità in Francia (dopo gli Algerini) e nei Paesi Bassi (dopo i Turchi); la terza comunità in Germania (dopo Turchi e Iugoslavi). Se si considerano solo gli immigrati maghrebini, i Marocchini costituiscono ovunque la comunità più numerosa tranne che in Francia, dove la loro proporzione si avvicina ai due quinti.

Va detto infine che i soli Marocchini d’Europa rappresentano il 4,6% della popolazione del Marocco, contro il 3,8% degli Algerini ed il 4,5% dei Tunisini.

 

Presenza dei Maghrebini nei principali paesi europei (in migliaia, fine 1990)

 

Nazionalità

Belgio

Francia

Germania

Paesi Bassi

Italia

Spagna

Algerini

10,7

619,9

7,4

0,6

4,0

1,1

Marocchini

141,7

584,7

69,6

156,9

78,0

28,2

Tunisini

6,4

207,5

26,1

2,6

41,2

0,4

 

Fonte: Eurostat.

 

 Il Centro Elaborazione Dati del Ministero dell’Interno italiano fornisce, per l’aprile 1992, le cifre di 4219 Algerini, 90364 Marocchini e 48370 Tunisini.

 Il Ministero degli Affari Esteri del Marocco stima, ad esempio, il numero dei Marocchini in 703.000 in Francia, 130.000 in Italia e 80.000 in Spagna.

 

 

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