da "La repubblica" del 21 luglio 2000

Tre italiani su quattro con l'incubo immigrati

"Colpa loro se aumenta la criminalità" Indagine del Censis: furti e scippi scavalcano la disoccupazione tra i motivi di ansia

di GIOVANNI MARIA BELLU

Un paese spaventato: scippi, rapine, furti negli appartamenti sono diventati la prima tra le paure degli italiani. Un paese confuso: in realtà questi reati sono diminuiti ma solo una minoranza se ne è accorta. Un paese diffidente: per tre italiani su quattro esiste una correlazione tra la criminalità e la presenza degli extracomunitari. Un paese maturo: pochi credono ancora al luogo comune secondo cui "gli immigrati rubano il lavoro". Un paese complesso: il Nord ha "più paura" del Sud. Un paese civile: il settanta per cento degli italiani resta contrario alla pena di morte. I risultati dell'indagine sulle paure degli italiani (condotta dal Censis e finanziata della Fondazione Bnc) propongono a sociologi, politici e poliziotti un bel rompicapo. E ieri a palazzo Marini se ne è avuta una dimostrazione immediata. I relatori - dal presidente della Camera, Luciano Violante, al vicecapo della polizia, Antonio Manganelli, dal comandante dei carabinieri, generale Sergio Siracusa, al direttori del Censis, Giuseppe De Rita - più che proporre risposte hanno tentato di individuare le domande, di circoscrivere i problemi. E la domanda delle domande, la domanda da cento milioni di dollari, è quella apparentemente più ovvia: perché tanta paura? Perché, come ha detto De Rita, "l'emozione supera la realtà?" Manganelli ha definito "predatoria" la forma di criminalità che spaventa tanto gli italiani. E' quella che colpisce più direttamente la persona e la privacy. Sono infatti i furti in casa il reato più temuto. E i luoghi che fanno più paura sono le strade buie, isolate, i giardini pubblici, i posti poco frequentati. Appena tre anni fa il nostro principale motivo di preoccupazione era l' assenza di lavoro: la delinquenza comune, balzata in testa col 37,1 per cento, era al quarto posto. Oggi il timore individuale di essere rapinati batte quello sociale della disoccupazione, sceso dal 46,6 al 34,4 per cento. De Rita vede in questo sorpasso un ulteriore effetto della "molecolarizzazione" della società. Siamo più emotivi perché siamo più soli, più liberi e più ricchi. Il fatto che la paura della criminalità comune sia più grande (col 48,5 per cento) nel Nord-Est del benessere è una conferma dell'analisi. E lo è pure il fatto che nel Sud la principale emergenza continui a essere la disoccupazione. Il numero delle vittime dei reati dal 1997 è diminuito del 2,6 per cento, l'Italia è solo all'undicesimo posto nella classifica europea per reati denunciati. Dati rassicuranti, confermati dal perdurare di un alto livello di fiducia verso le forze dell'ordine (con i vigili del fuoco che superano i carabinieri). Dati che hanno fatto ipotizzare a Luciano Violante lo studio di "campagne di sicurezza" per rendere i cittadini un po' meno apprensivi. Ma l'11 per cento delle duemila persone intervistate, come ha poi sottolineato lo stesso presidente della Camera, ha dichiarato di essere rimasto vittima di un reato nell' ultimo anno. Una percentuale che corrisponde a cinque milioni e 200.000 italiani. Insomma: il constatare che esiste un eccesso di emotività e di paura non deve far ritenere che il problema non sia grave e reale. Né che sia infondata la domanda di sicurezza che "è avvertita, sia pure con intensità diversa, da tutta la società", come ha detto Giuseppe Roma nell'introduzione. Gli italiani rispondono in due modi a questa domanda. Uno è pratico, concreto: l'usare certe cautele (il 62,4 per cento evita di attraversare a piedi i quartieri malfamati), il barricarsi in casa (c'è una porta blindata nel 48,8 per cento degli appartamenti). L' altro è più articolato: riguarda l' individuazione delle istituzioni che possono "dare sicurezza", delle norme che possono garantirla, e dei soggetti che la mettono in pericolo. Ed è qua che il rompicapo si complica fino al limite della irrisolvibilità. Lo studio del Censis ci dice che una percentuale altissima di italiani (il 74,9 per cento con una punta dell'85,9 per cento nel Nord Ovest) ritiene che esista una correlazione tra la presenza degli extracomunitari e la criminalità. Ma quando vai a chiedere a quegli stessi italiani le ragioni per cui alcuni extracomunitari commettono reati, solo uno su dieci dà una risposta razzista ("Per la loro naturale propensione al crimine") mentre quasi sette su dieci spiegano il fenomeno con argomenti che vanno dallo "stato di necessità" al fatto che gli stessi extracomunitari "sono vittime di organizzazioni criminali. Dati cui fa da corollario il 73,4 per cento secondo cui gli extracomunitari "svolgono lavori che gli italiani non vogliono fare", il 68,8 per cento che attribuisce allo Stato il compito di garantire l'integrazione degli immigrati e il 59,1 per cento favorevole ad accordare loro il diritto di voto.