da " Il Corriere della Sera" del 30 Gennaio

«Mboma al Verona? Non posso, è nero»

Polemiche e smentite dopo la frase del presidente Pastorello. La Melandri a Petrucci: inconcepibile

Voce in studio: «Vorrei chiederti conto di una notizia: il Parma vorrebbe Bonazzoli da subito e ti offrirebbe Mboma». Voce fuori scena, lontana: «Bonazzoli è di totale proprietà del Parma e sta facendo benissimo da noi, credo che il Parma non me lo chiederebbe mai, intelligentemente... Dovrei comprare una squadra verso la Finlandia, o da quelle parti. Evidentemente i tifosi del Verona mi metterebbero sulla graticola. Se poi ci aggiungiamo che in cambio di Bonazzoli porto un calciatore di colore. Non aggiungo altro... Dovete trarne voi le conclusioni». Voce in studio: «Penso che tu Mboma non potresti mai prenderlo, al di là del valore del giocatore». Voce fuori scena: «Sì, certo». Voce in studio: «E’ una tifoseria fatta così, devi avere pazienza». Voce fuori scena: «Purtroppo è fatta male, almeno per quanto riguarda i giocatori di colore». Giambattista Pastorello, presidente del Verona, ieri ha maledetto il suo cellulare e l’intervista volante a «Calcio & Calcio», trasmissione di TeleDucato Parma. Non ha svelato chissà quale segreto, perché nel pomeriggio tutti avevano sentito i buu razzisti a Thuram durante Verona-Parma (e lo stesso Pastorello aveva chiesto scusa al calciatore a fine partita). Il suo è stato un grido di impotenza, un alzare le braccia al cielo. Pastorello ha poi tentato una marcia indietro, dicendo di essere stato frainteso: «Se la mia squadra avesse bisogno di Mboma, si può stare tranquilli che farei di tutto perché venisse a Verona». Il suo amministratore delegato, Luigi Agnolin, il più bravo degli ex arbitri bravi, ha chiarito che il Verona si è sempre distinto per la prevenzione, anche attraverso iniziative anti-razziste nelle scuole della città. Tutto inutile. Il caso era già scoppiato. Il sindaco della città, Michela Sironi Mariotti (Forza Italia), si è detta pronta ad aiutare Pastorello, se si sentisse ostaggio degli ultrà: «La battaglia contro qualche decina di teppisti è una condizione dell’onorabilità di una città e di uno sport. Tutto ciò deve convincerci a usare ogni forma di dissuasione e, se fosse necessario chiudere lo stadio, lo si chiuda». Il ministro per i Beni Culturali con delega allo sport, Giovanna Melandri, ha scritto immediatamente al presidente del Coni e commissario della Federcalcio, Gianni Petrucci, esternando il suo «disappunto e lo sconcerto di fronte a simili affermazioni». La realtà di Verona, però, è più complessa di quello che appare in superficie. Il caso-Marsiglia, il docente che finse di essere stato aggredito da naziskin, è ancora vivo nella città che rifiuta l’etichetta di razzista. La Digos locale ha fatto un capillare lavoro con la curva per arginare il fenomeno. Sarebbero un centinaio gli «attivisti» pericolosi, ma secondo i dati della Questura gli episodi di violenza sono calati di numero. Non una vittoria, ma un primo passo. Resta però il pericoloso incrocio tra ultrà e destra extraparlamentare. Nel '96 alcuni ultrà veronesi, che contestavano il giocatore di colore Ferrier, issarono un manichino nero con un cappio. Il processo per quella vicenda si celebrò quattro anni dopo, ma i due tifosi denunciati (oggi esponenti politici di Forza Nuova a Verona) vennero assolti. Dagli ambienti delle forze dell’ordine filtra un messaggio controtendenza ed equilibrato: non servono pene eclatanti ma la certezza della pena. E soprattutto una legge che istituzionalizzi il «reato da stadio» che ancora non c’è. Il disegno Veltroni-Flick-Napolitano non ha ottenuto per ora la «legislativa» che ne avrebbe sveltito il cammino. Non diverrà legge in questa Legislatura e le forze dell’ordine dovranno ancora aspettare. E questa è la partita che, contro le regole del calcio, tutti sono riusciti a perdere. Luca Valdiserri