sabato , 19 ottobre 2002
IMMIGRAZIONE


DOMANDE SUL RAZZISMO

BRUNO VITO

È una città razzista Roma? Sono in molti a chiederselo ultimamente a seguito degli episodi di ordinaria violenza a danno di extracomunitari che hanno riempito le cronache cittadine. Di solito si tende a rispondere no, come a esorcizzare un male diffu so ormai in larga parte del pianeta. Ma non sempre basta. L' altro giorno, sul tram numero otto, nell' ora di punta, all' arrivo di tre zingarelle che con la loro rumorosa e invadente esuberanza creano un po' di trambusto tra i passeggeri, un signore di mezza età, vestito in maniera distinta, inizia a urlare «attenti al portafoglio». Poi, guardandosi attorno e cercando solidarietà tra chi gli sta accanto, con voce sempre più concitata aggiunge «io le metterei tutte al fuoco queste ladre puzzolen ti». Alcune signore concordano con sincero entusiasmo, le zingarelle rispondono da par loro e la situazione sta per precipitare quando - per fortuna - il signore «distinto» scende alla fermata successiva. Sugli altri spettatori - muti - cala un senso di disagio. La maggior parte di loro, a voler essere ottimisti, era contro quella manifestazione evidente di intolleranza, ma cosa avrebbe dovuto fare? Cosa si deve fare in questi casi? Mettersi in mezzo? Alzare la voce? Dare lezioni di civiltà? Ing aggiare un corpo a corpo con chi aggredisce anche solo verbalmente? Mettere in conto eventuali degenerazioni del confronto in vere e proprie risse? Essere pronti anche a conseguenze imprevedibili? Far finta di niente? Sembrano domande astratte, e inv ece è l' esatto contrario, perché un conto è affermare dei principi in via generale, un altro è viverli nella vita di tutti i giorni, specialmente per chi - la stragrande maggioranza di tutti noi - non ha privilegi particolari ed è chiamato a confron tarsi con la città in tutte le sue espressioni. Normalmente, l' impressione che si trae da episodi come quello riportato, è che il mantenimento di una decorosa convivenza urbana sia lasciato soprattutto alla testimonianza dei singoli. I quali, spesso , avvertono attorno a sé un desolante senso di solitudine. E invece sarebbe il caso che la questione dei rapporti con chi è «diverso» da noi diventi un problema collettivo, considerato che gli extracomunitari, con le loro 260.000 presenze, costituisc ono una fetta - e una risorsa - importante di Roma. Per fortuna qualcosa ultimamente si è messo in moto. È del luglio scorso un protocollo di intesa tra l' Oim, l' organizzazione internazionale per le Migrazioni, un organismo intergovernativo che coi nvolge oltre 100 paesi, e il Comune che - sulla base del «Patto d' integrazione» deliberato ad hoc - stanno mettendo a punto una serie d' iniziative volte a favorire la positiva interazione tra culture differenti. Nel piano delle iniziative previste, uno spazio verrà riservato anche al progetto Equal «L' immagine dell' immigrato in Italia tra media, società civile e il mondo del lavoro» sostenuto dall' Unione europea e dal ministero del Welfare. Piccoli passi nel molto che resta ancora da fare.

Arretrati