da " Il Corriere della sera "

 

L’INTERVISTA

Eriberto, lo straniero del Chievo: «Il razzismo? Non al Bentegodi»

VERONA - Chievo, quartiere di Verona, è la capitale del calcio di serie B. Verona, capoluogo del ricco Nord-Est, si sta dimostrando la periferia del pallone a spicchi bianchi e neri. Eriberto, giocatore brasiliano di colore, vive e gioca nell’altra fetta di questa isola di calcio, a Chievo.

«Sono qui dalla scorsa estate e sono stato trattato sempre bene - risponde Eriberto -. Il nostro pubblico, al Bentegodi, è molto corretto. Non ho mai sentito gli ultrà accennare un coro razzista. Né verso avversari né tanto meno nei miei confronti. Però, in trasferta, è capitato anche a me di venir preso di mira dai tifosi rivali. A Crotone, ricordo».

Sa che i tifosi del Treviso fischiavano e insultavano un giocatore della loro squadra solo perché di colore?

«Sì, me ne hanno parlato. È una cosa bruttissima, il razzismo è una piaga del calcio italiano. E si fa poco per estirparla, il più delle volte anzi si gira la testa dall’altra parte e si fa finta di niente. Tanto, è la giustificazione, si tratta solo di una minoranza. Ma, allora, io dico: se uno non reagisce, non è come se tacitamente acconsentisse? In questo modo questi gruppi di stupidi finiscono col sentirsi più forti».

Saprà anche che l’altra parte del calcio cittadino, quello di serie A, se la passa meno bene.

«Non so spiegarmela, questa trasformazione della città. Paciosa e pacifica quando gioca il Chievo, cattiva e violenta quando si tratta del Verona. Certo, le due tifoserie sono diverse: i nostri sostenitori non sono né aggressivi né discriminanti, mentre dall’altra sponda mi dicono che vi siano anche infiltrazioni di tifosi "politicizzati", oppure provenienti da altri club. Forse, chissà, il calcio in serie A è più esasperato di quello di serie B. Anche se col Bologna, durante lo scorso campionato, mai mi è capitato di subire provocazioni razziste».

Insomma, qual è il volto vero di Verona?

«I tifosi gialloblù un po’ razzisti lo sono, questo è indubbio. Quando i miei amici hanno saputo che mi sarei trasferito a Verona, me l’hanno sconsigliato caldamente: ma come, dicevano, non sai che la gente là è poco tollerante? A dire il vero, io a Verona sto bene, la città è accogliente. Vado a fare la spesa, passeggio per le strade, vado al ristorante e vengo sempre trattato bene. Come gli altri, intendo».

Cosa si prova a sentirsi sommersi dai fischi, e non perché si sta giocando male?

«Un senso di rabbia, disagio e impotenza».

Alberto Franco