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L'allievo di origine albanese

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La comunicazione non verbale: alcune osservazioni 

Molti comportamenti o atteggiamenti relativi alla prossemica sono retaggi culturali non semplici da decifrare se non si conoscono e non si imparano a leggere.

Nel rapporto con gli allievi un ruolo importante gioca senz’altro il contesto di provenienza.

Diverso l’atteggiamento di un neoarrivato a seconda che provenga:

-         da una zona di guerra o da una zona pacifica

-         da una città o da un paese di campagna o di montagna

-         da una zona a maggioranza musulmana o a maggioranza cristiana, cattolica o ortodossa 

Da non sottovalutare il fattore temporale: a parte l’età di un neoarrivato, l’atteggiamento cambia rispetto al suo tempo di permanenza in Italia (può aver trascorso un periodo in un centro di accoglienza o in una scuola di un altro paese, magari del sud Italia). 

Il neoarrivato dai balcani in genere non presenta grosse differenze di atteggiamento rispetto ai coetanei italiani. I fattori che possono influenzare il comportamento sono: la religione e i codici culturali della comunità in cui è vissuto.

In genere i maschi, in qualità di individui maggiormente emancipati rispetto alle donne, risentono meno di questi fattori e l’unico ostacolo alla comunicazione è la lingua. I modi potranno differenziarsi a seconda del luogo di provenienza e del grado di cultura (vita all’aperto, nei campi, o attività sportive) o dei traumi subiti.

Le donne invece conservano alcuni atteggiamenti che è bene considerare. Una ragazzina neoarrivata musulmana può presentare (ma non è sempre detto) alcuni atteggiamenti quali la riservatezza e la scarsa partecipazione che sono attribuibili all’educazione più o meno tradizionale che ha ricevuto. Sarebbe un errore giudicare questi atteggiamenti come semplice negligenza o disinteresse: ogni valutazione scolastica deve saper considerare anche possibili “resistenze” culturali.

Per quanto riguarda il rapporto con gli insegnanti, va ricordato che tanto in Albania quanto in Kosovo la figura dell’insegnante è autoritaria. L’insegnante ha in custodia classi intere ed è la figura cui le famiglie delegano completamente la responsabilità dell’educazione dei figli. Comprensibile quindi un iniziale disorientamento da parte degli allievi nel prendere confidenza con una realtà sicuramente meno rigida, al punto che si registra spesso un calo della concentrazione ed un plausibile atteggiamento “rilassato”.  

Nei rapporti con le famiglie sono ancora le donne ad essere protagoniste di alcune semplici riflessioni. Nelle società più tradizionali, la donna, indipendentemente dalla religione (spesso convivono più anime religiose entro zone molto circoscritte) ha un ruolo preciso: occuparsi in toto della gestione della casa. Difficilmente una donna ancorata alle tradizioni si occupa del rendimento scolastico dei figli. Per questo sarà difficile contattare le madri e coinvolgerle nelle relazioni con la scuola, responsabilizzandole sul rendimento dei figli. Una volta contattate poi, sarà cura degli insegnanti coinvolgerle gradualmente nelle relazioni con la scuola.

Gli uomini in Italia sono altrettanto irrintracciabili: non è raro avere a che fare alle riunioni o durante i colloqui con parenti quali zii, cugini o fratelli maggiori. Il lavoro assorbe completamente i capifamiglia, tanto che anche la convocazione per la consegna delle pagelle risulta un’impresa difficile (naturalmente non è detto sia così per tutti). Si consiglia di inviare comunicazioni in lingua, chiare e con obbligo di firma, descrivendo con precisione i motivi della convocazione e specificando l’orario e il giorno (spesso disattesi più che per negligenza, per diversa gestione del tempo e soprattutto per mancanza di abitudine: in Albania e Kosovo la famiglia è coinvolta molto meno che in Italia nelle attività scolastiche).