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Cultura Durante
il regime la cultura ufficiale era essenzialmente propagandistica
ed espressa nelle forme del realismo socialista. Uniche alternative
erano le espressioni di cultura popolare, valorizzate da Hoxha
come antidoto alle contaminazioni esterne. Durante
il secondo dopoguerra si è creato progressivamente un rifiuto per il
pensiero unico e un crescente avvicinamento ai modelli europei ed
americani. Il maggiore esponente di questa esterofilia
culturale è il grande scrittore Ismail Kadarè, in passato
vicino al regime e tuttavia, più o meno nascostamente, duramente
critico. Con la caduta del regime viene soppressa
automaticamente ogni legge passata ma senza il rimpiazzo di una valida
alternativa. Questa situazione ha generato grande disorientamento e
la spinta alla ricerca di modelli culturali nuovi. Da subito è
un esplosione di tutte le forme di espressione vietate dal regime: dal
teatro sboccato e satirico (contro il regime) al cinema critico fino
all’ingresso di televisioni straniere come la BBC World Service con i
suoi speaker albanesi da Londra. Tuttavia la mancanza di fondi impedisce
l’emancipazione culturale e determina la crescita di quei settori che
garantivano un guadagno più immediato: nascono ristoranti, aprono
discoteche, veri e propri luoghi di culto. Intanto la popolazione si sposta dalle campagne
alle città e, attraverso la televisione, entra in contatto con
il sistema di riferimento culturale di massa occidentale. Nel corso del 1991 e del 1992 la criminalità, alimentata dallo condizione di anarchia in cui piomba l’Albania, raggiunge vertici impressionanti. La circolazione delle armi è capillare, si spara nelle strade e ovunque, le rapine sono fatti ordinari, la prostituzione si affaccia nelle strade. Aumenta vertiginosamente l’emigrazione, specie giovanile. |