Da "L'Arena"di Verona

Sabato 16 Settembre 2000

Zona calda tra botte e proteste politiche

C’è scappato il morto. E così è finita male, anzi malissimo, la lunga e tormentata agonia dell’ex stazione delle corriere in piazza Isolo, diventata negli ultimi anni una zona «calda» a ridosso del centro. È lì che l’editore Giorgio Bertani aveva trasferito la sua libreria, presa di mira perlomeno una decina di volte negli ultimi dieci anni con lanci di sassi e vetrine spaccate. Due porte più in là, verso l’incrocio con via Carducci, c’è il ricovero, occupato nell’aprile del 1998 dai gruppi anarchici reduci da una festa a Forte Gisella. «L’Isola» resiste poco, ma la comunità di giovani dei centri sociali, prima di essere sfrattata, è protagonista, con fazioni di opposta convinzione politica, di una notte di tensione. A maggio di due anni fa, infatti, prima volano botte in piazza Isolo, poi bottiglie incendiarie vengono lanciate contro la sede del movimento giovanile di An. I giovani dei centri sociali negano di aver compiuto l’attentato, ma la tensione intorno a piazza Isolo e ciò che rappresenta, sale, e di parecchio. Nella primavera dell’anno scorso, ancora episodi inquietanti. Un gruppo di immigrati che dormiva sotto la pensilina, come faceva il polacco morto ieri, viene preso a calci e bastonate da una decina di giovani di estrema destra. Un extracomunitario finisce all’ospedale con gravi ferite alla testa. Gli investigatori ipotizzano una vera e propria spedizione punitiva e l’inchiesta approda alla denuncia dei presunti responsabili per lesioni e violazione della legge Mancino che punisce l’incitamento all’odio e alla discriminazione razziale. Ma in piazza Isolo non c’è stata solo violenza. I movimenti anarchici hanno più volte chiesto con manifestazioni pacifiche che l’amministrazione comunale non destinasse l’area al megaparcheggio. E poi, il ricovero. In quel bunker, per un paio d’anni, hanno trovato rifugio nelle notti più fredde decine di immigrati, anche clandestini di passaggio. Giorgio Bertani ha sempre sostenuto che, grazie a quello spazio, si evitavano a Verona tragedie come le morti per assideramento che mietono vittime nelle grandi città. (l.g.)