da "L'Arena"

di Sabato Lunedì 18 Settembre 2000

Arriva il momento della riflessione dopo l’incendio e l’omicidio nel ricovero abusivo dell’ex stazione delle corriere

Tanti piangono la triste fine di Cesar

Gli abitanti di Veronetta commentano la tragedia avvenuta venerdì nel ricovero «Era un immigrato clandestino? Non c’entra nulla, là sotto è morto un uomo»

di Ferruccio Pinotti

Sulla porta di quella che è stato l’ultima casa di Cesar Karabowski c’è un mazzo di rose ormai appassite, infilato in una maniglia accanto alla quale è affissa la fredda scritta «Locali sottoposti a sequestro giudiziario». Sul muro qualcuno, forse un compagno delle tante sofferenze patite, ha lasciato un ultimo saluto: «Ciao Cezaro». Ma a piangere la morte di un immigrato clandestino - sì, anche questo è possibile, non solo la gioia di chi sogghigna dicendo «uno in meno» - non ci sono solo i disperati che vivevano nei sotterranei della vecchia stazione degli autobus di piazza Isolo: c’è tanta gente semplice, che considera comunque una tragedia inaccettabile il fatto che un essere umano muoia in queste condizioni. Ferite come queste, chi vive nel quartiere, le sente sulla propria pelle, come un dolore personale che non ha niente a che spartire con le frasi di circostanza di qualche politico, con le rassicurazioni delle coscienze poco pulite, con il buonismo ipocrita di chi recita frasi fatte ma non si sporca le mani con la realtà. La signora Fiorenza Braggio, mentre parla, fa fatica a trattenere le lacrime. E scende dalla bicicletta per darsi forza.