Da "L'Arena"

Domenica 17 Settembre 2000

Striscioni e preghiere per ricordare il povero Cesar

Trecento militanti di associazioni al sit in davanti al sotterraneo.Invocati alloggi per gli stranieri

di Enrico Giardini

«Nella mia città nessuno è straniero». Lo striscione campeggia a caratteri cubitali al centro di piazza Isolo. Lo reggono alcuni rappresentanti del coordinamento delle associazioni di volontariato che si interessano delle persone senza fissa dimora. Sono loro a lanciare all’amministrazione comunale e alle istituzioni un invito a collaborare per risolvere il problema dell’accoglienza e della casa per gli immigrati. Ieri pomeriggio, intorno alle quattro e mezza, erano trecento le persone riunite per un «sit-in» di fronte alla pensilina sotto cui si è consumata la tragedia di Cesar, il giovane polacco morto tra le fiamme. Ci sono le bandiere dei sindacati Cgil, Cisl e Uil, che hanno organizzato la manifestazione insieme al coordinamento. Sono presenti immigrati tunisini, marocchini, algerini, dello Sri Lanka, del Pakistan, di Santo Domingo e di altre nazionalità riunite nel Consiglio territoriale delle associazioni di immigrati. Ma ci sono anche le bandiere di Rifondazione comunista, lo striscione dei Giovani comunisti che parla di «Intolleranza zero» e un altro striscione, calato dall’alto della pensilina dai giovani del Kollettivo Porkospino: «Senza diritti fino alla morte». Attorno, polizia e carabinieri controllano che tutto si svolga senza disordini. Cesar era un «senza fissa dimora». O forse era proprio fissa, per lui e per tanti altri, quella dimora che puzza ancora di bruciato. Fuori dalla porta del dormitorio abusivo ci sono mazzi di fiori e lumini. Vengono accesi dei bastoncini che emanano un profumo orientale. Su un’altra vetrata una bandiera, con la scritta «Pace» e con la locandina de L’Arena di ieri, che annuncia la tragedia. Attorno al portone si forma un semicerchio. Il sit-in comincia da lì, ma solo per un gruppo di partecipanti. Don Sergio Pighi, il fondatore della Comunità dei Giovani, invita «credenti e non credenti» a dire una preghiera per Cesar, «un povero morto». Poco dopo un africano legge «L’esule», una poesia scritta da un iraniano, Nemàt Mirzazadeh, distribuita in fotocopia a tutti dal Cestim, il Centro studi immigrazione. «Ascolta ancora questo e nient’altro», scrive l’esule raccontando la nostalgia della sua patria, «che al mio paese l’ospite è caro quanto la propria anima». E poi Giorgio Bertani, l’editore che conosceva Cesar e tutti gli immigrati che bazzicano in piazza Isolo. Ha con lui il polacco Robert, grande amico di Cesar, scampato all’incendio. Robert ha lo sguardo fisso per terra. È impietrito. Non vuole dire nulla. Un silenzio, il suo, più eloquente di mille parole. In piazza, a pochi metri dai rumori delle automobili, cominciano le riflessioni. Prende la parola con un megafono Mustafà Wagne, senegalese, responsabile dell’ufficio stranieri della Cgil: «Cesar era un essere umano ed è giusto che noi tutti, italiani e non italiani, siamo qui per ricordarlo, come tanti di noi hanno vegliato durante l’esecuzione dell’italo-americano Rocco Barnabei. In una città civile come Verona non è possibile che non si trovino soluzioni per i senzatetto». I sindacati definiscono quella del polacco Cesar una «morte annunciata». Roberto Fasoli, segretario provinciale della Cgil: «Se problemi per i senza fissa dimora esistono a Verona, figuriamoci nelle regioni del sud Italia dove sbarcano gli immigrati. Se questi servono per le nostre imprese, è giusto che sia affrontato in maniera seria il problema di trovare loro un tetto». Don Sergio Pighi, della Comunità dei Giovani, si toglie qualche sassolino dalle scarpe: «Che cosa fare per queste persone? Parlare, innazitutto, e non gridare. Vedere poi quali possibilità ci sono: serve un tavolo di consultazione permanente con le istituzioni, che devono ascoltare chi vive con gli immigrati, come la nostra associazione. La presidente della commissione comunale servizi sociali raduna il volontariato, ma si dimentica di convocare noi, che ospitiamo 23 immigrati in convenzione con il Comune e cinque a carico nostro». Carlo Melegari, direttore del Cestim, il Centro studi immigrazione, che pure ha parlato di «morte annunciata», spiega: «Che sia o meno in regola coi permessi, un immigrato è prima di tutto una persona, con diritti fondamentali sanciti dalle convenzioni internazionali dei diritti dell’uomo. Quindi Verona deve affrontare con urgenza il problema della casa e dell’accoglienza agli extracomunitari». Rincara la dose il senatore dell’Ulivo, Luigi Viviani: «È gravissimo che fatti come questo, che denotano una totale assenza nell’esercizio dei diritti della persona, avvengano nella nostra città, perché sono contro la sua storia e la sua cultura. C’è un’evidente carenza nella strutture di prima accoglienza e per una successiva permanenza degli immigrati. Nella commissione esteri del Senato stiamo tra l’altro lavorando per semplificare i procedimenti per impiegare nel lavoro gli immigrati». E poi Mauro Peroni, consigliere comunale dei Ds: «Da due anni e mezzo denunciamo la carenza di posti e di progetti per gli immigrati, ma il Comune non dà risposte. Come commissione servizi sociali abbiamo lavorato sei mesi, con il coordinamento delle associazioni e la Ronda della carità con un osservatorio permanente delle povertà, che ha fornito dati importanti, ma che non sono stati mai presi in considerazione». Il sint-in si conclude intorno alle cinque. Ma un contro sit-in, anche se soltanto verbale, era partito ieri da Alleanza nazionale, che ha preso posizione contro la manifestazione di piazza Isolo: «In relazione ai gravi fatti, avvenuti a margine del tragico rogo di piazza Isolo, che configurano delle vere e proprie intimidazioni con aggressioni verbali nei confronti del vicesindaco Luca Bajona e dell’assessore Fabio Gamba, An denuncia il clima di tensione politica fomentato dall’estrema sinistra con la copertura di Rifondazione comunista». Alleanza nazionale ritiene «incomprensibile oltre che assurdo che forze politiche e sociali speculino sulla morte di un immigrato addossando all’amministrazione comunale la responsabilità di una situazione che esse stesse hanno contribuito a determinare. È noto infatti che la sinistra persegue una politica volta a far giungere sul nostro territorio il maggior numero di immigrati, clandestini o no poco importa».