E negli zainetti dei marocchini c’erano costumi da bagno

Quando sono stati scarcerati, i quattro islamici temevano l’espulsione

DAL NOSTRO INVIATO
PADOVA - I marocchini dell’«invincibile armata islamica» hanno facce sperdute e costumi da bagno negli zainetti. Il loro «feroce Saladino» italiano sembra una chioccia: controlla di continuo che i suoi «pulcini» stiano bene.
Stazione di Bologna. Ore 14 di ieri. Davanti all’ingresso due macchine caricano Lachcem Essaghir, 30 anni, marmista; Ahmed Essanoi, 22 anni, falegname; Abdallah Wakouz, 27 anni, operaio; Abdel Malek Toutou, 20 anni, operaio, e Germano Caldon, 55 anni, ex insegnante di disegno in pensione.
Lunedì mattina erano stati arrestati tutti e cinque nella basilica bolognese di San Petronio perché sospettati di aver filmato gli interni della chiesa in previsione di un attentato. Ma adesso i quattro marocchini e l’italiano tornano a casa: «No. Non in Marocco» ha dovuto precisare ai quattro un agente della polizia penitenziaria che li ha visti preoccupati alla lettura dell’ordinanza di scarcerazione. Il procuratore aggiunto Luigi Persico aveva creduto di far loro un favore voltandosi e dicendo «Avete capito? Vi mandano a casa». Facce impaurite: «A casa vostra. A Padova», ha aggiunto l’agente. Sospiro di sollievo.
Ora le due auto puntano verso Padova e i cinque «terroristi» per tre giorni si sentono più al sicuro.
Abdel Malek, il più giovane e il più timido del gruppo, è ammutolito: risponde soltanto alle domande di «fratello Germano», specie a quelle sul Corano: certo che lo ha studiato, lui. Lo ha imparato anche a memoria ma ora non lo ricorda più tanto e, Ramadan a parte, ha pregato quando si è trattato di avere il permesso di soggiorno.
Si torna con la memoria a San Petronio, ai filmati: «Non le abbiamo dette quelle cose offensive su Gesù» ripete Abdallah. «Hanno tradotto male». Al telefono suo fratello maggiore, Mohamed, gli ha fatto una bella lavata di testa: «Ma come ti è venuto in mente di filmare e di dire quelle cose? Quando arrivi mi senti...». E lui, più si avvicina a Padova e più si preoccupa di quanto sarà arrabbiato Mohamed. Hamed incassa il rimbrotto di Germano: «Perché ti sei arrabbiato in caserma? Te l’avevo detto che tutto sarebbe finito bene. Guarda che qui in Italia la giustizia esiste. Non è come da voi».
E poi c’è Lahcem, l’intellettuale della compagnia. E’ laureato in inglese e si interessa di letteratura, di etimologia remota e di arte. Viene, come gli altri, da un villaggio che si chiama Taliouine, «tanti fiumi», che si trova nel Sud del Marocco, ai confini con l’Algeria. «Lì non si vive - dice -. La vita bisogna cercarla e io l’ho cercata qui. Bin Laden? Un’espressione. Niente più. Germano è più importante. Per noi è tutto». A Padova, i cinque ritrovano amici e abbracci. Abdallah incrocia gli occhi del fratello, abbassa i suoi e sospira: «Adesso sì che cominciano i guai».
Giusi Fasano