In provincia di Belluno gli immigrati sono più di ottomila e per tutti è difficile trovare una casa Gli affitti sono altissimi e spesso i proprietari delle abitazioni diffidano degli stranieri
Ancora al palo il progetto accoglienza, fermi in cassa i soldi della Regione e anche i volontari stanno arretrando
Ottomila immigrati alla lotteria della casa
Solo uno su dieci trova alloggio, per gli altri soluzioni d'emergenza
Enti e associazioni non fanno da garanti per i contratti d'affitto


BELLUNO. C'è il lavoro ma non la casa. Soltanto un immigrato su dieci trova un alloggio tutto per sé nel primo anno di permanenza in provincia di Belluno. Gli altri devono accontentarsi di una stanza, ricorrere all'ospitalità di amici e conoscenti o cercare una soluzione d'emergenza.
La nuova legge sull'immigrazione non ha semplificato la vita degli oltre ottomila extracomunitari che lavorano nel Bellunese e che hanno tutte le carte in regola per fermarsi nel nostro Paese. E a nulla sono servite finora le iniziative istituzionali per facilitare la loro sistemazione. Perfino il volontariato si è lentamente ritirato. Lo scenario di questi giorni è desolante. Casa Emmaus di Belluno, gestita dalla Caritas, ha chiuso le porte agli stranieri e ai senzatetto che vi trovavano una soluzione temporanea. «Il guardiano sta male, è in ospedale», spiega il direttore della Caritas don Giorgio Soccol. «Siamo stati costretti a chiudere ma dobbiamo anche ripensare alla gestione della struttura insieme alle parrocchie».
Dietro la chiusura di casa Emmaus c'è un altro problema: gli ospiti, che avrebbero dovuto fermarsi per due o tre mesi, non andavano più via. Da casa di prima accoglienza, Emmaus stava diventando un ostello. Era successo lo stesso nei mini appartamenti gestiti dalla Caritas a Feltre. Chiusi per ristrutturazione e sgomberati da ospiti troppo "affezionati" al loro letto. Ma non fila liscia neppure la gestione di casa Girolamo Miani, sempre a Feltre.
La soluzione a tutti i problemi doveva essere legata all'accordo stipulato l'anno scorso tra Provincia, Comuni di Belluno e Feltre, Camera di Commercio e associazioni di categoria (industriali, artigiani, commercianti, coltivatori, ecc.). Usufruendo di un fondo concesso dalla Regione, la Provincia - attraverso la cooperativa Integra - avrebbe dovuto proporsi come garante per gli stranieri al momento della stipula di un contratto d'affitto, passaggio cruciale durante il quale tramontano le speranze degli immigrati. Invece i soldi stanziati dalla Regione (circa 125 mila euro per il primo anno, altri ne arriveranno a novembre) sono ancora nelle casse di Palazzo Piloni. E neppure un contratto è stato stipulato con l'intervento della coop. O meglio, due mediazioni sono andate a buon fine. «Ma i soldi li abbiamo messi noi soci», spiega Claudio Battistella, di Integra. «La Provincia non ha ancora messo a punto il contratto, lo sta facendo in questi giorni», aggiunge Battistella. «Noi abbiamo creato un database delle domande di alloggio e censito anche l'offerta». La sproporzione è evidente: a Belluno ci sono 60 richieste di alloggio e solo 10 appartamenti disponibili. A Feltre 20 domande e 3 alloggi. Una sola ricerca su dieci va a buon fine, i prezzi degli affitti sono altissimi, le case sono piccole e i proprietari diffidano degli stranieri. Insomma, trovare casa - una casa vera e non un loculo - per uno straniero è un terno al lotto. Eppure quasi tutti hanno un lavoro e vorrebbero portare la loro famiglia in Italia. Insomma, fare una vita normale.
Il mancato decollo del servizio fornito dalla cooperativa Integra non manca di suscitare malumori negli enti che un anno fa avevano sottoscritto il patto. Il Comune di Belluno, per esempio, da tre anni e mezzo tende la mano agli stranieri con lo sportello Informaimmigrati. «Un servizio pubblico gestito da privati», spiega l'assessore alla cultura Perale. «Forse sarebbe stato meglio affidare a questa struttura il ruolo di garante per gli stranieri che devono affittare una casa. Invece si è voluto puntare su Integra e i tempi si sono allungati». Il quadro si completa col ruolo delle associazioni di categoria, spettatrici di fronte al problema irrisolto. L'associazione proprietà edilizia ha messo a disposizione la sede e i propri consulenti per la stipula dei contratti. Gli altri assistono passivamente agli sviluppi. Cercano i lavoratori, li assumono anche quando questi non sono regolari e lasciano a loro il problema di trovare un alloggio. Poi si stupiscono se da un giorno all'altro piantano tutto e vanno via.



da "Il Corriere delle Alpi" di mercoledì 21 maggio 2003